La storica dell'arte, 62 anni, è direttrice del Polo Museale della Lombardia che comprende tra gli altri anche il Museo del Cenacolo Vinciano. L'istituto fiorentino, fondato oltre 400 anni fa, è il centro più importante per il recupero dei capolavori artistici: da qui sono passati lavori di Giotto, Botticelli, Leonardo, Raffaello
Da giovedì l’Opificio delle pietre dure di Firenze ha un nuovo dirigente. È la storica dell’arte Emanuela Daffra, 62enne milanese, dipendente dell’amministrazione dei beni culturali dal 1990. Daffra non svolgerà il nuovo ruolo in esclusiva, bensì ad interim, cioè per un tempo determinato (si parla della durata di circa un anno, durante il quale manterrà comunque l’incarico di direttore del Polo Museale della Lombardia comprendente, tra gli altri, il Museo del Cenacolo Vinciano di Milano, il Museo Archeologico Nazionale di Mantova, l’Area archeologica delle Grotte di Catullo, la Cappella Espiatoria di Monza Brianza, il Museo Archeologico Nazionale della Lomellina, Vigevano, il Museo della Certosa di Pavia, il Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica Capo di Ponte, in provincia di Brescia.
La scelta di non nominare in via definitiva il nuovo Soprintendente dell’Opificio delle pietre dure, ma di affidare temporaneamente l’incarico a una persona di provata esperienza, probabilmente ha a che vedere con l’attuale situazione politica e con l’opportunità che sia il ministro della Cultura del prossimo governo a indicare il nome del Soprintendente destinato a guidare l’istituto di restauro nei prossimi anni e in via esclusiva.
Intanto il primo successore dell’ormai ex soprintendente Marco Ciatti, in pensione dalla fine di luglio, è una figura apicale con un curriculum importante. Negli anni, infatti, Emanuela Daffra ha ricoperto importanti incarichi all’interno degli istituti del ministero come capo curatore responsabile delle collezioni della Pinacoteca di Brera, vicedirettore della Pinacoteca di Brera e direttore di tre settori di restauro (Tessili, Scultura lignea, Arazzi) presso l’Opificio delle pietre dure di Firenze, dove ritorna quindi in altre vesti.
Noto anche come “la Nasa del restauro”, l’Opificio fondato da Ferdinando I de’ Medici nel 1588 è un istituto dotato di autonomia speciale del ministero della Cultura, che dipende dalla direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali, la cui attività operativa e di ricerca si concretizza nel campo del restauro delle opere d’arte. Dai vari laboratori della Fortezza, di via degli Alfani e di Palazzo Vecchio sono passate opere di Giotto, Botticelli, Leonardo, Raffaello e tanti, tanti altri.
L’Istituto ha origini composite, frutto di una antica e illustre tradizione e di una moderna e articolata attività, già evidenti nella sua insolita denominazione. All’inizio, infatti, era una semplice manifattura per la lavorazione di arredi in pietre dure (da una sua “costola”, a metà XVIII, nacque la manifattura di Capodimonte, a Napoli), l’Opificio venne trasformando la sua attività lavorativa, negli ultimi decenni del secolo XIX, in attività di restauro, prima dei materiali prodotti durante la sua plurisecolare storia, per poi ampliare il proprio raggio d’azione verso materiali affini. Fu dopo la grande catastrofe dell’alluvione del novembre 1966 e la legge istitutiva del ministero per i Beni Culturali ed Ambientali del 1975, che l’antico Opificio mediceo e il Laboratorio restauri della Soprintendenza (vero protagonista dei restauri dell’alluvione) vennero fusi in unica entità. A questo nucleo furono annessi i laboratori minori sorti in seguito all’emergenza dell’alluvione.
Come indicato da Ciatti nell’intervista concessa a fine luglio a ilfattoquotidiano.it, più che con problemi legati al restauro delle opere d’arte – materia in cui l’Opificio è da sempre un’assoluta eccellenza – la nuova dirigente dovrà misurarsi con una difficoltà di non facile soluzione, rappresentata dalla costante rarefazione del personale nei vari settori di restauro. Una questione che, come accaduto in questi ultimi tempi, riguarda anche altri settori della cultura italiana, come i musei e le gallerie.