Ramzan Kadyrov, il leader ceceno fedelissimo di Vladimir Putin è pronto a lasciare il suo ruolo. Protagonista indiscusso della storia politica della Cecenia per oltre 15 anni, il leader Ramzan Kadyrov, ha annunciato che intende prendersi una pausa “indefinita e lunga” dal suo incarico. In un video postato su Telegram, Kadyrov, 45 anni, ha affermato di essersi “reso conto di essere rimasto seduto per molto tempo” a occupare la sua posizione di potere e che ora pensa “sia giunto il momento” di lasciare.
Dichiarazioni del tutto inattese e riportate dai principali media internazionali, a partire dalla russa Tass, secondo la quale Kadyrov starebbe rimuginando proprio sulle sue dimissioni. “Oggi ho scoperto di essere, in effetti, il capo in carica ‘più longevo’ all’interno della Federazione Russa. Dirigo già la repubblica da 15 anni – ha affermato nella sua dichiarazione video -. Penso che sia venuta la mia ora prima che gli altri mi caccino via”. Infine la richiesta: “Spero che mi sosterrete e mi capirete”.
In Ucraina la notizia è stata ampiamente diffusa: il sito Unian ha scritto che il leader ceceno è pronto per una “vacanza indefinita e lunga”, mentre fra i media occidentali il Guardian si è chiesto se quanto affermato nel video corrisponda alla verità, oppure se si tratti di una possibile mossa o richiesta politica del leader ceceno.
‘Promosso’ nel 2007 dallo zar Putin ai vertici della Repubblica autonoma russa cecena, l’operato politico di Kadyrov è stato fortemente criticato dalla comunità internazionale e dalle organizzazioni umanitarie, che non gli hanno perdonato l’atteggiamento antidemocratico, le sue azioni lesive dei diritti umani, ma anche il ricorso frequente agli arresti illegali e, in anni più recenti le accuse di persecuzioni nei confronti della comunità Lgbt. Imprese commesse dai famigerati ‘kadyrovtsy’, la milizia paramilitare che opera al suo fianco.
Soprannominato ‘il macellaio di Grozny’, Kadyrov sarebbe collegato – secondo il giornale Novaya Gazeta – anche al caso dell’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya, che aveva concentrato la maggior parte del suo lavoro proprio sulla Cecenia, dilaniata in quegli anni dal separatismo stragista da un lato e dalla cronica violazione dei diritti umani dall’altro.
Negli ultimi mesi, infine, ha destato allarme la sua partecipazione attiva al conflitto bellico in Ucraina a fianco ovviamente del suo potente protettore, il leader del Cremlino, ed in particolare le sue azioni sul campo come l’assedio alla città di Kiev, le scorribande all’impianto chimico di Azot o all’acciaieria di Mariupol, la città martire occupata dai russi dopo settimane di offensiva. Imprese belliche per nulla esenti da critiche da parte della stampa occidentale, che più volte ha paventato il rischio di ulteriori massacri o crudeltà come quelle commesse nel suo paese ai danni della popolazione a maggioranza musulmana o nei confronti di attivisti e giornalisti scomodi.