I mosaici cosiddetti delle Quattro stagioni e della Nereide del quartiere di Sant’Aloe? Inaccessibili. Come il tratto di oltre 500 metri delle mura greche con una serie di torri semicircolari in contrada Trappeto Vecchio. Non diversamente dalle aree sacre nelle località Cofino, Belvedere Telegrafo, all’interno del parco delle Rimembranze e Cava Cordopatri, nelle immediate vicinanze del castello normanno-svevo. Alla stessa maniera delle strutture superstiti di un edificio di epoca ellenistica, di una domus imperiale, del battistero paleocristiano, in piazza San Leoluca. Il complesso di Santa Chiara, della fine del XVI secolo, è fruibile, ma solo come sede del sistema bibliotecario vibonese. E non come spazio museale.
A Vibo Valentia, sul versante tirrenico della Calabria, i resti della polis greca e del municipium romano, come anche il castello quattrocentesco di Bivona, sono chiusi, fatta eccezione per alcune particolari occasioni, ormai da anni. Ed è un peccato. Anzi, uno spreco ingiustificato. Anche perché le risorse non sono mancate. Prima e dopo la stipula, nel maggio 2019, della convenzione tra il comune di Vibo Valentia e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia per la costituzione del Parco archeologico urbano della città di Hipponion-Valentia. “È un risultato epocale che il comune di Vibo Valentia ha raggiunto svolgendo un ruolo propositivo e tempestivo nell’intercettare i finanziamenti comunitari a favore dell’importantissimo patrimonio culturale e archeologico della città”, aveva affermato nel 2014 il sindaco Nicola D’Agostino riferendosi al finanziamento da parte del ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo di 3 milioni di euro per interventi di valorizzazione e fruizione delle aree archeologiche urbane.
Lavori appaltati nel giugno 2015 alla ditta “Lande Srl”, sollevata dall’incarico nel giugno del 2016 a causa di un’interdittiva antimafia. Così da settembre 2017 è subentrata, in quanto seconda in ordine di offerta, ATI Emmecci Srl/ Damiga Srl. Al 30 aprile 2022 il progetto risulta però ancora in corso, nonostante la fine fosse prevista per il 31 maggio 2019, e i pagamenti monitorati pari a 2.157.713,23 euro, secondo il portale opencoesione.gov.it. Un altro milione di euro impegnato dai fondi comunitari del Por Calabria Fondo Europeo di Sviluppo Regionale relativi alla programmazione 2014-2020. I lavori iniziati a giugno 2016 sarebbero dovuti terminare a novembre 2019. A febbraio 2022 il progetto risulta tuttavia ancora “in corso” e i pagamenti pari a 866.113, 66 euro. Non è finita. Ci sono anche 1.086.187 euro dal Por Calabra Fondo Europeo di Sviluppo regionale relativi alla programmazione 2007-2013 per il restauro conservativo e valorizzazione del castello. Somma impegnata e spesa entro il termine preventivato del dicembre 2011.
Insomma, oltre 5 milioni di euro non sono stati sufficienti a rendere accessibili al pubblico le aree archeologiche. Per una serie di criticità, frequentemente sottolineate dalla stampa locale ed evidentemente legate alla gestione. Più che alle diverse proprietà, statali per quanto concerne le mura greche e l’area cultuale del Còfino, comunali per le altre aree. Nel gennaio 2021 il Comune, in accordo e su approvazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia, pubblica sul sito del Comune l’avviso pubblico per la selezione di un’associazione, senza scopo di lucro per lo svolgimento delle attività di custodia, manutenzione, fruizione, valorizzazione e promozione del parco archeologico urbano della città di Hipponion-Valentia.
“Importante passo in avanti per rendere fruibili i parchi archeologici con una mappatura ben precisa …, incentivare il turismo culturale … ma anche realizzare azioni di tutela e valorizzazione dei siti archeologici …”, sottolineano il sindaco Maria Limardo e l’assessora alla Cultura Daniela Rotino. La procedura si conclude a maggio, gli affidamenti stabiliti. Il complesso Santa Chiara, sede museale e area archeologica del Cofino al Sistema Bibliotecario Vibonese. L’area archeologica di Sant’Aloe e le mura greche all’Associazione Eccellenza turistica Mediterranea. il Battistero paleocristiano di S. Leoluca e l’area archeologica di località Belvedere Telegrafo all’Associazione Valentia, il castello di Bivona all’Associazione Electa.
A distanza di oltre un anno i gestori aggiudicatari devono ancora sottoscrivere le rispettive convenzioni, fatta eccezione per l’Ente promozione Calabria e per l’Associazione Valentia. “C’è stato naturalmente un iter burocratico da seguire … Nel farlo si sono persi purtroppo alcuni mesi”, aveva spiegato l’assessora alla Cultura Daniela Rotino che a luglio, in un rimpasto di giunta, è stata sostituita da Antonella Tripodi. Quest’ultima ha spiegato che “la riapertura dei siti sarà graduale”. Ma intanto i siti restano chiusi e durante l’estate tanti turisti non avuto la possibilità di ammirare i resti della città greca e di quella romana.
Chiusure accompagnate da una totale assenza di informazioni sul portale del comune, anche in merito alle caratteristiche dei diversi siti. La pagina web rimanda solo alle rispettive localizzazioni. La manutenzione? Inesistente. A tagliare l’erba ha provveduto, ma solo relativamente all’area archeologica di Sant’Aloe, Calabria Verde, l’ente in house regionale che ha firmato il rinnovo della convenzione 2022 con il Ministero dei Beni Attività Culturali e Turismo. L’assessora Tripòdi contattata da Ilfattoquotidiano.it, ha precisato che si impegnerà a fare tutto il possibile, per assicurare l’apertura dei diversi siti archeologici, sottolineando come nel frattempo, nonostante il poco tempo avuto a disposizione dall’assunzione dell’incarico, risultano visitabili quelli in piazza San Leoluca e all’interno del parco delle Rimenbranze. Ma non c’è dubbio che la questione sia ben nota.
Già nel programma del sindaco Limardo del 2019 si sosteneva che “le testimonianze archeologiche necessitano di essere valorizzate e fruite come, appunto, “museo diffuso all‟aperto”, attraverso una gestione programmata e condivisa che non può più essere trascurata. Sarà, dunque, inderogabile provvedere a bandi di gestione di queste aree, attraverso l’ affidamento ad enti (ma anche associazioni, cooperative o gruppi organizzati di esperti e professionisti del settore) esterni che ne garantiscano una manutenzione continua e controllata … ”. Insomma l’idea della fruizione c’era, peccato che ancora non abbia trovato realizzazione. Vibo Valentia nel 2021 è stata proclamata “Capitale del libro”, un’ iniziativa del Ministero della Cultura per incoraggiare i Comuni italiani a intraprendere progetti a sostegno della lettura. Nello stesso anno la città si è piazzata al 104 posto su 107 nella classifica de Il Sole 24 Ore che certifica la qualità della vita. E non è andata oltre il 106 posto nella sezione Cultura e tempo libero. Posizionamenti tutt’altro che esaltanti, che anche le chiusure delle aree archeologiche che compongono il parco Urbano sembrano almeno in parte giustificare.