Nello scorso mese di luglio, il Senato ha votato a scrutinio segreto (su richiesta di Fratelli d’Italia) contro l’emendamento che introduceva nel regolamento del Senato la declinazione delle cariche politiche al femminile (senatrice, ministra, la presidente ecc). Fino a quando in Senato non sarà introdotto nel regolamento la declinazione femminile delle cariche politiche, userò il femminile universale anche per gli uomini che siedono in Senato.

Non sono ancora al governo e già arrotano le lame con cui sfilettare i diritti, la libertà e la dignità delle donne. La senatrice Luca De Carlo di Fratelli d’Italia ha rilanciato una proposta di legge per istituire il seppellimento obbligatorio dei feti abortiti e a prescindere dalla volontà della madre o dei genitori. La proposta era già stata avanzata durante la scorsa legislatura con un testo firmato da Isabella Rauti, ma ad una manciata di settimane dal voto, probabilmente a fini di propaganda elettorale, la senatrice Luca De Carlo rilancia la proposta commentando: “Se sembra normale che una vita venga smaltita come un rifiuto speciale, a me no. Io credo che sia vita pure sotto le 28 settimane”.

E’ abbastanza evidente che questo sia un attacco indiretto alla legge sull’interruzione volontaria della gravidanza che dal 1978 ha sottratto le donne al rischio di morte o di gravi conseguenze sulla salute e ha garantito l’assistenza medica a tutte, anche alle non abbienti e alle giovanissime, quelle più a rischio di ricorrere a interventi pericolosi per abortire. Una legge che all’indomani dalla sua approvazione venne assediata con l’obiezione di coscienza dei medici ginecologi, che rende non più applicabile le Ivg in molte strutture ospedaliere e costringe le donne a pellegrinaggi da una regione all’altra. Secondo un’indagine condotta da Chiara Lalli e pubblicata lo scorso mese di giugno, in Italia in 31 strutture l’obiezione di coscienza ha raggiunto il 100% per medici ginecologi, anestesisti, infermieri e Oss; in quasi 50 strutture è stata raggiunta una percentuale superiore al 90% e in più di 80 c’è un tasso di obiezione superiore all’80%. Sono dati che rivelano ciò che le pettinate relazioni ministeriali non dicono. Una legge importantissima per le donne rischia di restare inapplicata in molte regioni. Del resto la 194 non è mai stata difesa adeguatamente nemmeno dai partiti della sinistra per non turbare alleanze politiche con i partiti di centro, ma dal 26 settembre ci toccherà difendere ancora più strenuamente una legge che ha sottratto alla clandestinità la scelta di dire sì o no alla maternità e per questo è scandalosa, perturbante, da sempre avversata; anche se ha salvato la vita alle donne.

I movimenti e le associazioni cattoliche che chiedono l’abolizione della legge 194 hanno strategicamente promosso l’istituzione di Giardini degli Angeli e hanno gestito in maniera invadente le inumazioni dei cimiteri per i feti, celebrando riti cattolici senza preoccuparsi del consenso dei genitori anche a causa di un vuoto normativo nelle procedure di smaltimento dei feti. Un regolamento della polizia mortuaria del 1990 prevede le procedure per l’eliminazione dei prodotti del concepimento che, se sono tra le 20 e le 28 settimane di gestazione, possono essere sepolti su iniziativa dell’Asl senza che ci sia richiesta da parte dei genitori. Se invece i feti hanno meno di 20 settimane, la richiesta di sepoltura deve essere fatta appositamente e in caso negativo si procede con lo smaltimento in inceneritori.

In Italia ci sono una cinquantina di cimiteri dei feti, secondo il censimento fatto dalla testata da The Vision nel 2020 dopo il post denuncia di una donna che scoprì al cimitero Flaminio un’area con una croce che portava il suo nome. Accanto a quella croce c’era una distesa di altre croci su piccole tombe col nome e il cognome delle donne che avevano abortito. Nessuna era stata informata. Le generalità delle donne, che all’indomani dell’intervento abortivo avevano firmato un modulo dove avevano chiesto all’ospedale di occuparsi dello “smaltimento” del feto, “secondo le normative vigenti” erano accessibili allo sguardo di chiunque. Nessuna era stata informata che quella liberatoria avrebbe portato alla sepoltura del corpicino, esattamente come se si trattasse di un individuo nato e poi defunto. In violazione di qualunque legge sulla privacy le identità delle donne erano state rese pubbliche su targhette come fossero defunte e nello stesso esposte, in una sorta di campo della gogna per una maternità perduta o rifiutata. La vicenda aveva fatto il giro del mondo ed erano scattate denunce all’autorità giudiziaria. Il rispetto delle donne è tale in questo Paese che ancora nel gennaio scorso i nomi erano visibili.

Oggi la senatrice Luca De Carlo promuove e rilancia la proposta di legge sull’inumazione dei feti anche al di sotto delle 28 settimane senza che vi sia alcun consenso da parte dei genitori. Lo fa perché non è possibile effettuare un attacco definitivo alla legge 194, già sotto assedio da anni, senza demonizzare e colpevolizzare le donne che scelgono o sono costrette ad abortire per malformazioni del feto. La questione dell’inumazione di un feto abortito è intima e delicata e va condivisa con le donne, non esercitata arbitrariamente contro di loro o creando spazi con lo scopo di farne luoghi alla memoria alla colpa delle donne, cimiteri della loro autodeterminazione e della loro umanità, alimentando un risentimento sociale contro quelle che si sottraggono al dovere di essere madri. Come se di odio per le donne non ce ne fosse già abbastanza.

@nadiesdaa

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