Il lunedì mattina a Maranello qualcuno una volta si faceva sentire. Oggi non è più così e si vede, o per meglio dire si sente. Durante l’epopea di Schumacher in Ferrari a farsi sentire era Montezemolo, che oltre ad essere capace di chiamare a qualsiasi ora del giorno o della notte i suoi uomini a rapporto per avere notizie e aggiornamenti, quando era il lunedì riuniva intorno a un tavolo la squadra per interrogarla su quanto era stato ottenuto in pista. Guai se qualcosa fosse andato storto! Dopo di lui Sergio Marchionne, che seppur non cresciuto professionalmente in un box o ai lati di una pista di Formula 1 faceva valere tutto il suo carisma e il peso di un uomo che aveva deciso di essere il leader indiscusso della Scuderia Ferrari.

Possiamo solo immaginare quello che poteva accadere all’interno di quella sala della gestione sportiva ma sappiamo chiaramente che spesso, dopo fatti gravi e mancati risultati, più di qualche illustre personaggio fu rimosso dal suo incarico, quasi seduta stante.

Oggi regna il silenzio in quella sala. Binotto si interroga da solo su quanto fatto e ottenuto. Sia fa le domande e si dà le risposte. Vogliamo credere che Elkann o Vigna possano farsi sentire e farsi valere come Montezemolo o Marchionne? Con tutto il rispetto non credo. E sono i fatti a dimostrarlo. Ogni settimana ne succede una in pista alla Ferrari e sempre di una certa gravità. Scelte strategiche completamente errate, a volte derise dagli avversari, problemi di affidabilità continui, disattenzioni ai box, eppure, tutto resta fermo. Nessun intervento, nessun cambiamento, anzi è Binotto che difende la squadra, giustifica le scelte motivandole e volendo convincere i suoi interlocutori che a sbagliare non è la squadra ma chi osserva da fuori! A tutto c’è un limite, anche se in Ferrari pare proprio di no. Si è liberi di difendere l’indifendibile e si rimane intonsi nella propria posizione e nel proprio ruolo senza pagare minimamente per una stagione che, dopo un’eccellente partenza, sta naufragando lentamente

Qualche dubbio mi ero permesso di esprimerlo sui componenti della squadra prima di questo mondiale, difatti scrivevo: “i protagonisti vestiti di rosso sono sempre gli stessi. Gli stessi della mano (dell’anno) precedente. Mi spiego meglio: se uno non è capace a giocare a carte, non basta ridare le carte per sperare di vincere. Se non sei un’abile giocatore perdi lo stesso… almeno che non ti affidi alla buona sorte o a una più propriamente detta botta di culo”.

La botta di fortuna c’era stata, quella di proporre una vettura subito efficace sulla quale avevo espresso molti dubbi e che più volte nel mio programma radiofonico avevo raccontato come, con il passare del tempo, sarebbe stata superata da Red Bull e più avanti anche da Mercedes; squadre partite certamente male ma in possesso di progetti ambiziosi e dalle caratteristiche più sofisticate. Opinioni? Certo, ma i punti delle classifiche iridate mi danno ragione. Le chiacchiere stanno a zero caro Binotto, a contare sono quei 109 punti piloti e quei 135 costruttori che pesano come un macigno sulla testa dei tifosi… non sulla tua evidentemente.

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