L’occasione è stata offerta da una celebre marca di champagne che ha chiesto all'attivista, influencer e fidanzata di Damiano dei Maneskin, di un rapido passaggio al Lido. Apriti cielo
Giorgia Soleri, la volpe e l’uva. Proprio come nella favola di Esopo, la celebre e affascinante influencer è scivolata anche lei sul red carpet del Festival di Venezia. Un po’ di tempo fa aveva sentenziato lapidaria che “il cinema non mi piace per niente”. Poi, forse attratta da quella magia che la passerella con tappeto rosso sul lungomare Marconi del Lido fornisce a star del cinema, ma anche a personalità di altri ambiti pubblici, eccola sfilare davanti alla prestigiosa Sala Grande per poi gustarsi un film in Concorso. L’occasione è stata offerta da una celebre marca di champagne che ha chiesto all’attivista, influencer e fidanzata di Damiano dei Maneskin, di un rapido passaggio al Lido. Apriti cielo. I detrattori – tanti – della ragazza si sono scatenati sui social accusandola di incoerenza. “Puoi essere portatrice di tutti i messaggi che vuoi, ma se alla fine non c’è coerenza tra personaggio e persona anche quei messaggi perdono valore”, ha commentato un utente su Twitter.
E ancora le ha fatto eco un altro: “Che fa di male? Tendenzialmente niente se non fosse che la carriera di queste persone di basi su assunti ideologici molto serrati. No al capitalismo, sì all’inclusività, uso della ə come guerra personale contro il mondo. Poi però se ne vanno bellamente a Venezia, a sfoggiare abiti e gioielli, magari pure se prima avevano precedentemente dichiarato di schifare il cinema (…) a me l’attivismo sui social ha stufato per questo”. Insomma impossibile placare la polemica se non provando a replicare. “Chi mi segue da un po’ sa che non sono una grandissima amante del cinema. A me piacciono i linguaggi artistici che richiedono un pezzo della propria storia e della propria esperienza per poterli comprendere fino in fondo”, ha esordito Soleri in un post. “Però nasco come fotografa. Infatti i pochi film che mi hanno davvero emozionata e lasciato qualcosa o avevano una grandissima fotografia o richiedevano un’attenzione molto attiva per entrare al 100% nell’immaginario del regista”. Ecco allora nascere l’interesse per uno dei film più immersivi e stilisticamente complessi della mostra: Bardo di Inarritu. “Ecco, Bardo, il film che abbiamo visto ieri aveva entrambe queste cose. Una fotografia talmente bella che ti senti per più di 3 ore completamente all’interno delle scene e richiede una lettura molto personale”.