Giustizia & Impunità

“Permessi di soggiorno umanitari a stranieri che dimostrino la volontà d’integrarsi”: la Cassazione accoglie il ricorso di un cittadino nigeriano

Una sentenza che farà giurisprudenza e che potrebbe cambiare radicalmente gli standard per la concessione di permessi umanitari nel Paese. Secondo gli ermellini, inoltre, occorre tenere presente che anche per gli stessi cittadini italiani è difficile trovare un lavoro con contratto a tempo determinato e dunque più che guardare a risultati concretamente raggiunti occorre guardare al percorso effettivamente intrapreso dalla persona

Se si dimostra la “seria intenzione” di integrarsi in Italia, lo straniero ha diritto a un permesso di soggiorno umanitario. È quanto deciso dalla Corte di Cassazione che, preso in esame il caso di un extracomunitario di origine nigeriana, ha accolto il suo ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di Cagliari di negargli il permesso. Nello specifico, l’uomo aveva portato come prova del suo impegno a integrarsi in Italia il fatto che stava frequentando un corso di lingua italiana mentre aveva già ottenuto un contratto di lavoro a tempo determinato.

Una sentenza che farà giurisprudenza e che potrebbe cambiare radicalmente gli standard per la concessione di permessi umanitari nel Paese. Secondo gli ermellini, infatti, occorre tenere presente che anche per gli stessi cittadini italiani è difficile trovare un lavoro con contratto a tempo determinato e dunque più che guardare a risultati concretamente raggiunti, quando si tratta di decidere se consentire a un migrante di rimanere nel nostro Paese, occorre guardare al percorso effettivamente intrapreso dalla persona che richiede il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Per la Suprema Corte “la seria intenzione di integrazione sociale, desumibile da una pluralità di attività, può rilevare ai fini della protezione umanitaria, quantunque essa non si sia ancora concretizzata in una attività lavorativa a tempo indeterminato, specie se si consideri che tale obiettivo presenta difficoltà non irrilevanti anche per i cittadini del Paese ospitante”.

Patrick W., il cittadino nigeriano che è ricorso in Cassazione, ha fatto valere a suo favore proprio il fatto di svolgere un lavoro anche se a tempo determinato “con prosecuzione ininterrotta dal 2018” e il fatto di aver frequentato corsi di italiano come certificato dalla “produzione di certificati scolastici attestanti una buona padronanza della lingua italiana”. Adesso la Corte di Appello di Cagliari deve porre rimedio al diniego del permesso e attenersi ai principi dettati dai supremi giudici in favore di Patrick W. e dei casi simili al suo.