L'epopea di Opel e dello stabilimento di Rüsselsheim ebbe inizio con il tessile nel 1862 e prosegue oggi all'insegna dell'innovazione tecnologica. La sfida, ora, è quella dell'elettrificazione
Nella storia di Opel – così come nella storia di molte altre case automobilistiche – non ci sono state sempre e solo le auto, ma sicuramente c’è sempre stata l’innovazione e il talento di saper intercettare le esigenze della società di ogni epoca. La casa tedesca oggi compie 160 anni e li compie nel pieno della transizione elettrica, e tuttavia nel lontano 1862 partì dal tessile e successivamente si cimentò pure con le due ruote.
Prima ancora che sul frontale di un veicolo, infatti, il nome Opel – senza però il celebre “blitz” – è stato riportato per anni nella struttura in ferro che faceva da base alle macchine da cucire. Era il 1862 e Adam Opel, il futuro fondatore della casa, aveva 25 anni quando, a Rüsselsheim, avviò la propria attività nel campo delle macchine da cucire, facendosi conoscere sin da subito per l’affidabilità tecnica del proprio prodotto: il sarto della cittadina tedesca, infatti, utilizzò la stessa macchina per circa 40 anni.
Il primo sito produttivo dell’azienda nacque in un contesto quasi improbabile, cioè nella stalla dello zio di Adam Opel, finché l’attività non si fece più professionale e importante nel 1868, quando dalla stalla si passò alla fabbrica su due piani, entrambi destinati alla produzione, con annessi uffici e anche area residenziale, e l’azienda raggiunse un totale di ben 40 dipendenti.
Si trattava di una produzione su misura rispetto alle esigenze dei clienti, prima che di serie, e così apprezzata e ormai riconosciuta da diventare uno dei riferimenti industriali a livello nazionale, con esportazioni che arrivavano in gran parte d’Europa.
Il salto dall’industria tessile a quella del trasporto fu possibile grazie alle due ruote e a un nuovo viaggio a Parigi, nel 1884, che gli aprì gli occhi appunto sulla bicicletta (sul velocipede, in realtà), del quale realizzò il proprio primo prototipo due anni più tardi. La produzione in serie vera e propria della bicicletta iniziò però nel 1888, arrivando a contare nel 1890 già 2.200 biciclette vendute.
Un modo per far conoscere e pubblicizzare, quindi, le biciclette di Rüsselsheim fu escogitato dai figli, che con quelle cominciarono a partecipare (e spesso vincere) alle gare ciclistiche finché, arrivati agli anni Venti del 1900, Opel era nel frattempo passata dall’essere una delle maggiori aziende tedesche costruttrici di macchine da cucire all’essere la maggiore costruttrice di biciclette al mondo, avendo realizzato intorno alla propria produzione anche una rete di vendita di circa 15 mila concessionari.
Nel frattempo, però, era iniziata anche la produzione delle automobili: questo avvenne precisamente nel 1899 con l’acquisizione della “Anhaltische Motorwagenfabrik” da Friedrich Lutzmann di Dessau, che diede il via ufficiale alla produzione. Nell’anno 1906 uscì dalla fabbrica il millesimo veicolo, che anticipò di appena un anno la nomina di Opel a fornitore della corte imperiale: questo non fece tralasciare all’azienda l’impegno di rendere l’automobile un mezzo di spostamento di massa. Nel 1909 costruì quindi la 4/8 CV “Doktorwagen”, ovvero “l’auto del dottore”, pensata infatti come veicolo per i medici e per le loro esigenze, che la casa del “Blitz” aveva cercato di rendere abbordabile nel prezzo finale, ricorrendo a soluzioni tecniche semplici ma allo stesso tempo robuste.
Un’idea di veicolo che fa pensare, per certi versi, a quella dietro la piccola e pratica Rocks-e di oggi, che Andreas Marx, responsabile di Opel Germania, aveva definito come lo strumento per rendere “la transizione verso la mobilità elettrica semplice e accessibile per chiunque, dai pendolari ai giovani neopatentati”.