Ci sono due decenni a dividere il prima e dopo Cristiano. L'esordio del portoghese in Champions League avvenne nell'ottobre 2003. L'anno prima avevano dominato le italiane, con 3 squadre su 4 in semifinale e il Milan campione. Nel frattempo Malta, Slovenia, Ungheria, Lituania, Slovacchia, Polonia e Estonia votavano sì all'Europa e Schumacher vinceva il suo sesto mondiale di F1
Il prima è noto, il dopo è mistero, il durante è di circa 20 anni. Sì: ci sono due decenni a dividere la Champions del prima e dopo Cristiano. Due decenni, un mondo cambiato, un calcio cambiato ancora di più. In principio c’è un battesimo fugace, quasi apocrifo: un preliminare del 2002 che pure sembra voluto dal destino. È agosto e l’Inter si lecca le ferite con la prima uscita internazionale senza Ronaldo il Fenomeno: di fronte c’è lo Sporting Lisbona e forse, quando il risultato è inchiodato sullo 0 a 0 c’è anche un po’ di voglia di sfottere da parte di Laszlo Boloni nel mandare in campo un ragazzino di 17 anni al posto di Toñito. Un ragazzino che si chiama Ronaldo. Cristiano Ronaldo, col numero 28. Il ragazzino in quell’aperitivo di Champions passa inosservato, lo Sporting esce e Ronaldo qualche giorno più tardi farà anche l’esordio ufficiale in campionato.
L’esordio vero però arriva un anno più tardi: Ronaldo ha già dimostrato di essere uno dei migliori talenti in circolazione e se lo assicura il Manchester United. È il 1 ottobre del 2003 e nella seconda gara del girone dei Red Devils, col numero 7 sulle spalle gioca da titolare contro lo Stoccarda: lo United perderà 2 a 1. La prima ufficiale dunque 19 anni fa: in un mondo in cui Bush era presidente degli Stati Uniti e si apprestava a invadere l’Iraq, con l’Italia guidata da Berlusconi e con vicepresidenti del consiglio Gianfranco Fini e Marco Follini e mentre dalla Cina cominciava a diffondersi un’epidemia di un virus chiamato “Sars-Cov-1” che avrebbe contagiato 8mila persone nel mondo provocando 774 morti.
Un mondo in cui si respirava voglia di Europa, con i referendum per l’ingresso nell’Unione che vedono trionfare i sì a Malta, in Slovenia, in Ungheria, in Lituania, in Slovacchia, in Polonia, in Estonia, con la firma del trattato di Atene per l’allargamento e con le prime bozze di Costituzione Europea. Nello sport Michael Schumacher vinceva il suo sesto mondiale di Formula 1 e la nazionale italiana di pallavolo vinceva gli Europei.
Il calcio? Nell’edizione precedente all’esordio di Ronaldo, l’Italia portava in semifinale di Champions League 3 squadre su 4, vincendo la manifestazione col Milan, che nella stagione successiva sarebbe stata fermata ai quarti dal Super Depor di Irureta, dopo una clamorosa rimonta. Tre italiane ai quarti sarebbero arrivati pure nella stagione successiva: e dire che Ronaldo in quelle edizioni della Champions non ci aveva praticamente mai messo lo zampino, giocando, sì, ma senza mai segnare un gol.
Gol che sarebbe arrivato addirittura alla sua quarta stagione in Champions (se non si considera quello segnato nel preliminare contro il Debrecen nel 2006): contro la Roma, nel 7 a 1 ai quarti di finale. Il resto è storia di una coppa alzata cinque volte e con due squadre diverse, di gol che da un paio a edizione diventano addirittura 17 come negli anni al Real Madrid e di un fuoriclasse straordinario che con le sue prodezze è diventato una vera e propria azienda.
Oggi in un mondo in cui Berlusconi si ripresenta alle elezioni, con il Sars Cov 2 che ha prodotto gli effetti purtroppo noti rispetto a quelli dell’antenato, con la voglia di Europa che ha preso la tendenza contraria e con la Serie A abbondantemente periferia del calcio europeo, inizia la prima Champions senza Cristiano Ronaldo.