Continuano gli equilibrismi del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, nel tentativo di mantenere aperti i rapporti con la Russia e conservare quel ruolo di mediatore che ha tentato di ritagliarsi, in alcuni frangenti con successo, fin dalla vigilia dell’invasione dell’Ucraina ordinata da Vladimir Putin. E nel complicato gioco di strategia che è diventata la guerra del gas tra Mosca e le cancellerie europee, il capo dello Stato di Ankara ha accusato Bruxelles di essere causa dei propri mali in fatto di approvvigionamenti energetici: queste difficoltà, ha dichiarato, sono causate dalle sanzioni imposte dai Paesi europei contro la Russia, ora “raccolgono ciò che hanno seminato”. E ha aggiunto che il presidente russo “è stato portato al punto di dire, volentieri o meno, ‘se fai così, io reagirò'”.
Dal punto di vista del Sultano, quindi, la mossa dell’omologo russo di rispondere alle sanzioni, innescate dall’invasione militare di un Paese indipendente, appare legittima, oltre che sensata. “L’Europa affronterà grandi sfide per il gas naturale durante l’inverno ma noi non abbiamo alcun problema – ha poi aggiunto – Le sanzioni contro la Russia hanno spinto Putin ad agire in questo modo, sta utilizzando ovviamente tutti suoi mezzi e le sue armi e una delle sue carte più importanti è il gas naturale”.
D’altra parte la Turchia, seconda potenza della Nato e quindi alleata del blocco Usa-Ue proprio in campo militare, ha da subito adottato un atteggiamento ben diverso rispetto a quello degli altri membri dell’Alleanza, forte anche dei rapporti privilegiati instaurati negli anni con il Cremlino, dall’acquisto del sistema missilistico S-400 fino agli ultimi colloqui sulla questione siriana, ha da subito rifiutato l’idea di ritorsioni, anche economiche, nei confronti della Russia. E per questo si è sempre rifiutata di imporre sanzioni a Mosca, continuando così a intrattenere rapporti commerciali e diplomatici. È grazie a questo atteggiamento che, dopo il tentativo fallito di ospitare a Istanbul i colloqui di pace tra Russia e Ucraina, è riuscita comunque a ricoprire un ruolo di primo piano, insieme alle Nazioni Unite, nel raggiungimento di un accordo sullo sblocco del grano ucraino, evitando che la crisi alimentare innescata dallo stop alle esportazioni si aggravasse ulteriormente. Oggi, però, Erdoğan compie un ulteriore passo in avanti: attacca Bruxelles, additandola come la principale responsabile della nuova crisi energetica che mette a rischio la tenuta economica del continente in vista del prossimo inverno.