“Se tu sei in piedi è grazie a me, ma lo vuoi capire”. Con questo tono Davide Flachi, figlio dello storico boss della ‘ndrangheta del quartiere milanese Comasina, avrebbe messo in chiaro i rapporti “gerarchici” con Franco Terlizzi, ex pugile di cui si ricorda la partecipazione 4 anni fa al reality L’isola dei famosi e per la Dda di Milano, come si è scoperto col blitz di oggi, presunto “prestanome” dell’erede di Pepè Flachi, morto a gennaio. Sia l’ex volto tv, 60 anni, pure ex pr della nota discoteca milanese Hollywood e con una grande presenza sui social come ‘amico’ e personal trainer di vip, sia Flachi, 43 anni, sono stati fermati assieme ad altri 11 nell’inchiesta dei Nuclei di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano e Pavia. Per la Dda di Milano è stata azzerata un’associazione per delinquere che puntava sul traffico di cocaina, hashish e marijuana, ma anche sulle estorsioni. E non solo. Sequestrati un negozio sportivo e una carrozzeria, mitragliatori da guerra e pure droga in Svizzera.

Terlizzi è finito in carcere per associazione per delinquere finalizzata ad una serie di truffe assicurative su finti incidenti d’auto. Secondo i pm di Milano Prisco e De Tommasi e il collega di Pavia Zanoncelli, l’ex ‘peso leggero’ avrebbe procacciato “clienti” per la maggior parte delle frodi messe a segno dal gruppo capeggiato da Flachi, titolare di fatto della carrozzeria Nuova Milano. Intestata fittiziamente, per l’accusa, all’ex pugile che era “stipendiato” come amministratore. In un’intercettazione del gennaio 2021 tra Massimo Molteni e Carlo Alberto Buggio, due dei fermati, il primo parlava così di Terlizzi: “Franco da quello che ho capito è la testa di legno”. E il figlio del boss, condannato in passato per associazione mafiosa, gli diceva: “Tu non fai un c…. e prendi il grano ma ti rendi conto Franco?”. Il 62enne provava a replicare: “Coi sinistri guadagniamo (…) 70mila euro ce lo siamo portati a casa”. Terlizzi, si legge nel decreto di fermo, si sarebbe speso per “agevolare le denunce dei clienti” sui falsi incidenti.

Agli atti, poi, l’ascesa criminale, sulle orme del padre, di Davide Flachi. Sarebbe ricorso spesso alle intimidazioni: “È già tanto che entri ancora in Comasina ad abitare – una delle tante frasi minatorie agli atti – ti piglio la testa e te la faccio volare pezzo di me… metti le mani in tasca e pensi di farmi il lavoro a me. Io il lavoro lo faccio io a te e a tutta la tua settima generazione”.
Minacce che avrebbe usato anche per riscuotere crediti del giro di droga, che fruttava molto, come dimostrano le cifre contenute in un “libro mastro” che viene a galla dalle intercettazioni. I pm a breve inoltreranno le richieste di custodia cautelare e poi si terranno gli interrogatori del gip. Per la Dda c’era il “pericolo di fuga” perché Flachi e gli altri sarebbero stati messi al corrente dello “stato dell’indagine“. E “in tale contesto si inserisce” la figura di “un ispettore” della Dia “che ha fornito diverse informazioni”.

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