The Eternal Daughter di Joanna Hogg è tra i film più minimalisti eppure ambiziosi visti quest’anno in Mostra
A riportare il talento di Tilda Swinton al Lido è un viaggio dark nella relazione madre-figlia codificato come una ghost story che affascina e commuove. The Eternal Daughter di Joanna Hogg in concorso oggi a Venezia 79 è tra i film più minimalisti eppure ambiziosi visti quest’anno in Mostra e ripropone, come quasi ogni opera della cineasta londinese, una magnifica performance dell’attrice sua connazionale, “one woman show” che interpreta entrambi i personaggi di madre e figlia.
Autobiografico per stessa ammissione della regista pluripremiata per i suoi The Souvenir (2019) e The Souvenir – Part II (2021), è un soggetto che ha iniziato a informarsi nel 2008 “quando mia madre era ancora viva, prima di morire a 93 anni durante il montaggio del film”. La Hogg si è poi presa il suo tempo di riflessione per rivisitare The Eternal Daughter sempre accompagnata dall’amica, sodale e coetanea Tilda già sua compagna di scuola. “Per Joanna ho recitato il mio primo film, che era quello di laurea di Joanna. Per questo le devo tanto, anche se il mio mentore resterà sempre Derek Jarman che mi ha trasformato in un’artista. Per me è fondamentale creare relazioni durature, di fiducia e amicizia con gli artisti con cui lavoro, non conosco altre vie, a cui aggiungo il desiderio di farmi sempre sorprendere”.
Cinema di fantasmi per eccellenza (“sono sempre stata affascinata dal sovrannaturale e ho continuato a leggere storie horror e gotiche durante la realizzazione del film”), The Eternal Daughter racchiude la classicità dell’horror dell’anima aggiungendovi il dramma psicologico che affonda nello studio funzionale della memoria, anche questo tema carissimo alla regista che non ha caso ha girato due lungometraggi titolati The Souvenir, appunto il ricordo.
Tilda Swinton, da parte sua, non ha avuto dubbi che fosse per lei importante incarnare entrambi i ruoli, specchio di reciprocità affettiva: “Un impulso strano, naturale nella successione e rispecchiamento emozionale tra una madre e una figlia che vuole catturare ogni istante di quanto resta della sua memoria per farne un film”. Perché la protagonista Julie, alter-ego della Hogg, è una filmmaker che porta la madre Rosalind in un grande hotel d’epoca nel cuore della campagna inglese che era stato la sua dimora di famiglia. “Le stanze contengono e rivelano i ricordi, basta saperli ascoltare” è il messaggio tra le righe di quest’opera seducente benché meno riuscita rispetto alle aspettative del connubio di talento Hogg-Swinton. Che hanno un metodo di lavoro codificato e a loro congeniale: “Io scrivo le sceneggiature ma poi le abbandono, lasciando spazio all’improvvisazione, fidandomi totalmente dei miei attori, in questo caso di Tilda cui io prestavo il fianco recitando il ruolo a cui alternativamente si riferiva”, spiega la regista.