La sentenza della Corte arriva sulla vicenda di una ventitreenne che ha filmato una violenza sessuale di gruppo ai danni di un ragazzo disabile. "La realizzazione di un contributo morale, da parte del concorrente nel reato è da considerare un atto di partecipazione", spiega la Cassazione
Chi filma una violenza sessuale, anche senza partecipare, può essere dichiarato colpevole. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, confermando l’accusa di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza di 23 anni, che aveva fatto un video degli abusi subiti da un ragazzo disabile. L’episodio è avvenuto in Calabria e ha visto protagonisti una decina di ragazzi, due minorenni: il filmato dell’accaduto è stato diffuso in rete.
La Cassazione ha stabilito la colpevolezza della ragazza, in quanto la violenza sessuale di gruppo non prevede “la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere una attività tipica di violenza sessuale”. Inoltre, “la realizzazione di un contributo ‘morale’, da parte del concorrente nel reato che non realizza l’azione tipica” è da considerare, spiega la Corte, “una condotta di partecipazione”. La sentenza arriva in risposta all’opposta linea difensiva della ragazza, in cui i legali sostenevano che il comportamento dell’assistita fosse “una mera adesione morale a un progetto criminoso altrui, come tale penalmente irrilevante”.
A pesare sulla sentenza della Cassazione è anche una frase pronunciata dalla ventitreenne, che si sente dire durante il video: “Troppo forte raga, quell’altro gli sta facendo pure il video”. Ciò significa che, argomenta la Corte, la ragazza non solo non si è opposta a quanto stava avvenendo, ma “ha rafforzato nei confronti di costui, l’intento di usare violenza alla persona offesa peraltro portatore di deficit cognitivo”.