L'attività era ripresa da appena una settimana dopo il fermo delle linee produttive a giugno e luglio, con gli impianti poi bloccati anche ad agosto. Restano così a casa circa 500 dipendenti, compreso l'indotto. Fiom e Uilm: "Regione e Governo continuano a non intervenire e rimanere in silenzio"
Due settimane di fermo perché i costi sono ormai insostenibili e ne è disceso un calo delle commesse. Il caro bollette mette in ginocchio Acciaierie di Sicilia, società del gruppo Alfa Acciai, che produce tondini di acciaio per il cemento armato nello stabilimento di Catania. L’attività era ripresa da appena una settimana dopo il fermo delle linee produttive a giugno e luglio, con gli impianti poi bloccati anche ad agosto.
Restano così a casa circa 500 dipendenti, compreso l’indotto, e cala la capacità produttiva della siderurgia italiana, alla quale Acciaierie di Sicilia apporta circa 500mila tonnellate annue. Il nuovo fermo del siderurgico di Catania allarma i sindacati. Le rappresentanze di Fiom e Uilm parlano di azienda “a rischio” e si dicono “preoccupate” per un possibile “nuovo dramma occupazionale e sociale”. La chiusura – proseguono i sindacati metalmeccanici – “arriva dopo appena una settimana di lavoro e un’altra è stata annunciata per la prossima settimana”. Regione e Governo “continuano a non intervenire e a rimanere in silenzio”.
E sottolineano che l’energia in Sicilia e Sardegna “costa più che nel resto d’Italia, ma nessuno fa nulla per rimediare a questa stortura”. “Siamo ormai stanchi, siamo pronti alla mobilitazione se non arriveranno risposte in tempi brevi – annunciano – È necessario fare subito qualcosa di concreto o ci ritroveremo, ancora una volta, a gestire una situazione che rischia di diventare esplosiva”.