L'arcivescovo di Milano, dopo il discorso sulla porpora data dal pontefice al vescovo di Como Oscar Cantoni che ha provocato molte polemiche, torna sul suo intervento. Lo ha fatto, però, sempre con il suo stile ironico e pungente che anche questa volta non è stato per nulla gradito in Vaticano e che rischia, pertanto, di essere un ennesimo scivolone e compromettere così definitivamente i rapporti con Francesco
“Io non desidero diventare cardinale, non mi sentirei proprio a mio agio. E la chiesa di Milano non è diminuita nel suo prestigio e nella sua bellezza perché il vescovo, almeno questo vescovo, non è cardinale”. Così l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha risposto alle numerose e violente polemiche che sono state alimentate dalle parole che ha rivolto al vescovo di Como, il cardinale Oscar Cantoni, dopo che Papa Francesco gli ha imposto la berretta rossa. Porpora che, invece, Bergoglio non ha voluto dare proprio a Delpini che dal 2017 guida l’arcidiocesi ambrosiana. Numerosi cardinali e vescovi, in particolare italiani, hanno scritto al Papa condannando con fermezza le parole dell’arcivescovo di Milano e rinnovandogli sostegno e fedeltà, soprattutto in un momento in cui i rapporti tra Francesco e la Cei non si sono ancora del tutto rasserenati. Compito non facile questo, portato avanti con grande decisione dal neo presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi.
Al termine del solenne pontificale nel Duomo di Milano per la solennità della natività della Beata Vergine Maria alla quale è dedicata la Cattedrale ambrosiana, Delpini ha voluto spiegare il senso delle sue recenti affermazioni e scusarsi con il Pontefice. Lo ha fatto, però, sempre con il suo stile ironico e pungente che anche questa volta non è stato per nulla gradito in Vaticano e che rischia, pertanto, di essere un ennesimo scivolone e compromettere così definitivamente i rapporti con Francesco. “Vi voglio dire anch’io – ha affermato Delpini – una parola. Mi è capitato di partecipare a una riunione, quelle importanti con i vescovi, i cardinali, il Papa. E c’era un vescovo che a un certo punto, così insomma in quel contesto fraterno, ha pensato di raccontare una barzelletta e ha raccontato quella barzelletta, credo ormai antica, che dice che una volta il Papa è voluto uscire dal Vaticano con la macchina, solo con l’autista e poi è arrivato a un certo punto e ha supplicato l’autista di lasciargli guidare almeno un po’ la macchina: ‘Ma dai, per favore, adesso nessuno se ne accorge’. Così insomma, tanto ha detto, tanto ha fatto che l’autista gli ha lasciato guidare la macchina”. Quindi ha continuato: “E intanto allora il Papa si è entusiasmato a guidare questa bella macchina e non ha fatto troppo caso ai limiti di velocità. E quindi a un certo punto la polizia, un carabiniere, non so, hanno fermato questa macchina che ha superato i limiti di velocità. Povero agente che a un certo punto ha riconosciuto il Papa al volante e non sapeva bene cosa fare. Allora ha chiamato il suo superiore e gli ha detto: ‘Ma qui c’è una macchina, c’è un passeggero dietro, ma chi la guida è un personaggio troppo importante. Come devo fare?’. ‘Ma chi è? Sarà mica un parlamentare? Ma se dev’essere multato, multalo, multalo. Non è che facciamo privilegi’. ‘No, no, non è un parlamentare. È molto di più’. ‘Chi è? Sarà mica il presidente della Repubblica?’. ‘No, no, molto di più’. Diamine, allora il superiore rimane un po’ sconcertato e gli chiede: ‘Ma allora chi è?’. ‘Scusi, ma è il Papa’. Quello là rimane un po’ interdetto e dice: ‘Ma se il Papa fa l’autista, chi è il passeggero?’. Questa è la barzelletta”.
“Naturalmente – ha proseguito Delpini – in quel contesto c’era la traduzione simultanea. Questo qui, il vescovo che la raccontava, parlava italiano e quindi gli italiani hanno riso, sorriso. Insomma non è un granché come barzelletta, però, hanno riso. Poi c’era la traduzione simultanea e quindi successivamente quelli inglesi, tedeschi e polacchi che sentivano la traduzione progressivamente si sono messi a ridere. Però, alla fine dell’incontro, un cardinale con volto arcigno, severo si è avvicinato a questo vescovo che ha raccontato la barzelletta e gli ha detto: ‘Ma come si permette di mancare di rispetto al Papa dicendo che non rispetta i limiti di velocità?’. Questo è successo più o meno così anche a me perché ho fatto un piccolo saluto al cardinale Oscar Cantoni, un caro amico. Cercavo di essere un po’ spiritoso, ma, non so perché, a un certo punto ho ricevuto dei gravissimi rimproveri da molti che mi hanno detto: ‘Ma tu non sei capace di far ridere, ma no, non si può usare l’ironia. Non sai che viviamo in un tempo in cui tutti sono arrabbiati e quindi basta un pretesto perché uno possa sfogare la sua ira. Non devi più fare queste cose’. E quindi io chiedo scusa se raccontando delle facezie così, non mi sono fatto capire nelle mie reali intenzioni. Cercherò di non usare più questo genere letterario, se ci riesco”.
“Però, – ha proseguito il presule – vorrei dire chiaramente quali sono i miei pensieri, sperando che sia chiaro quello che penso. La prima cosa che io penso è che sono contento che Oscar sia diventato cardinale. Ho molta stima di lui, lo conosco da molto tempo, penso che possa dare buoni consigli al Papa. Quindi sono contento realmente che Oscar sia cardinale. Il secondo punto è che io non desidero diventare cardinale, non mi sentirei proprio a mio agio. E il terzo punto è che la chiesa di Milano non è diminuita nel suo prestigio e nella sua bellezza perché il vescovo, almeno questo vescovo, non è cardinale. E poi l’ultima cosa che voglio dire è che io sono del tutto d’accordo con il Papa che non procede per inerzia e non dice: ‘Dunque, qui c’è sempre stato un cardinale e quindi facciamo un cardinale’. No, io penso che faccia bene il Papa a fare delle scelte con i criteri che lui ritiene opportuni. Forse, l’ultima cosa, è che effettivamente io devo chiedere scusa al Papa, ma non perché io dissenta da quel che fa. Solo perché io non sono tanto esperto del campionato di calcio argentino. Per quanto, come voi sapete, il più famoso stadio dell’Argentina, la Bombonera, è stato progettato da un mio parente, il famoso ingegnere Delpini, negli anni Trenta, non so. Però, ecco in effetti non sono stato esperto e quindi ho attribuito al Papa di fare il tifo per una squadra. Ora gli argentini su questo sono un po’ suscettibili. E, invece, è chiaro che il Papa tifa per il San Lorenzo e quindi devo chiedere scusa al Papa per questa confusione”.