La Turchia è sempre più rilevante nello scacchiere internazionale e il suo presidente sa porsi come mediatore tra le parti in un numero crescente di scenari. Ma il tour in Bosnia, Serbia e Croazia arriva in un momento di rinnovata tensione con la Grecia
Mentre gli occhi dei paesi europei sono puntati sull’Ucraina, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sta portando avanti un tour diplomatico tra Bosnia, Serbia e Croazia. I paesi balcanici sono da sempre un’area importante per la Turchia dal punto di vista politico, culturale e anche geografico in quanto porta di accesso all’Europa, ed Erdogan sa bene che mantenere salda la presa sull’ex Jugoslavia è importante per gli interessi del suo paese.
Il presidente d’altronde ha sempre dedicato grande attenzione al versante est del Vecchio continente, facendo sapientemente leva sui legami storici così come sulla comune appartenenza religiosa di una parte della popolazione di quegli Stati un tempo parte dell’Impero ottomano. Ma a fare il gioco della Turchia sono principalmente le relazioni commerciali, non a caso al centro del tour diplomatico del presidente e del suo entourage. Erdogan infatti si è recato nei tre paesi balcanici accompagnato dai ministri di Esteri, Interno, Difesa, Industria, Agricoltura, Cultura e Turismo, Commercio e Trasporti, oltre che dai rappresentanti delle maggiori industrie turche, tutte figure utili per la promozione di nuovi contratti commerciali. I governi di Serbia, Croazia e Bosnia dal canto loro hanno organizzato dei business forum nelle rispettive capitali in occasione della visita di Erdogan, segno dell’interesse dei tre paesi verso un rafforzamento delle relazioni economiche con Ankara.
La Turchia d’altronde ha investito molto nei paesi balcanici, senza chiedere in cambio riforme politiche o sociali, come nel caso europeo. Nello specifico, Ankara ha investito in Bosnia 265 milioni di dollari nel 2021 e il volume degli scambi ha raggiunto i 695 milioni nel 2020, mentre in Croazia quest’ultimo valore è stato pari a 845 milioni di dollari. Ancora più alti però sono gli scambi con la Serbia: nel 2021 il volume del commercio estero è stato di 1,73 miliardi, con un aumento delle importazioni dalla Turchia del +43%. Tutti numeri che Erdogan spera di veder crescere ulteriormente, così da poter continuare con le sue politiche monetarie e abbassare l’inflazione, arrivata a settembre all’80%.
Ma i Balcani non sono solo un mercato di sbocco per i prodotti turchi. Centinaia di aziende turche attive nei settori delle costruzioni e delle infrastrutture operano nell’ex Jugoslavia, grazie a tassazioni agevolate e all’accesso a manodopera qualificata e a basso costo. Tra i progetti affidati alle ditte turche vi è anche l’autostrada Sarajevo-Belgrado, un’infrastruttura di alto valore che rappresenta – stando alle parole di Erdogan – un incentivo alla pace e al riavvicinamento tra i paesi della regione. Le parole scelte dal presidente turco nel descrivere il progetto non sono casuali. Erdogan si è recato nei Balcani anche per mediare tra gli Stati ed evitare che le tensioni inter-etniche sfocino in un nuovo conflitto, in vista anche delle elezioni del 2 ottobre in Bosnia. Il ruolo di mediatore assunto dal capo di Stato turco è tra l’altro riconosciuto da tutti i leader della Repubblica, che in una conferenza stampa congiunta hanno lodato gli sforzi di Erdogan per la pace e la stabilità della regione.
Eppure il tour del presidente turco nei Balcani arriva in un momento di rinnovata tensione con la Grecia. Al centro della contesa vi sono ancora una volta le isole greche su cui Ankara rivendica la propria sovranità e di cui Erdogan contesta la militarizzazione da parte del governo di Atene. Di recente, inoltre, il presidente turco ha accusato la Grecia di aver puntato i missili S-300 installati a Creta contro gli F-16 turchi durante una missione di ricognizione nel mar Egeo. Da quel momento la tensione tra i due paesi ha continuato a salire, con Erdogan che ha usato parole sempre più dure contro Atene, minacciando di poter “arrivare una notte all’improvviso” e di essere pronto a fare “ciò che è necessario quando sarà il momento appropriato”.
Alle parole del presidente turco hanno fatto seguito gli avvertimenti di Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Ue, e del ministero degli Esteri della Repubblica Ceca, paese che detiene la presidenza di turno dell’Unione. Entrambi hanno espresso preoccupazione per i messaggi ostili inviati dal presidente turco e definiti dalla Cechia “una minaccia inaccettabile agli Stati membri dell’Ue”. A prendere le parti della Grecia è stato anche il Dipartimento di Stato Usa, che ha ribadito la sovranità greca sulle isole reclamate dalla Turchia e definito destabilizzante il comportamento della Turchia in un momento in cui la Nato deve invece mostrarsi compatta. Aver incassato il sostegno internazionale però potrebbe non essere abbastanza per Atene. La Turchia è sempre più rilevante nello scacchiere internazionale e il suo presidente sa porsi come mediatore tra le parti in un numero crescente di scenari, come dimostra non solo il caso ucraino, ma anche quello libico e balcanico. Tutti scenari la cui stabilità è fondamentale per l’Europa.