Il Regno eremita non negozierà più con nessuno il possesso delle sue armi atomiche, chiudendo definitivamente le porte a qualsiasi forma di tavolo con i Paesi stranieri. Con Kim Jong-un si è subito congratulato il presidente russo, Vladimir Putin, con il pretesto della festa nazionale nordcoreana
“Lo status del nostro Paese come potenza dotata di arsenale nucleare è irreversibile”. Con queste parole il dittatore della Corea del Nord, Kim Jong-un, ha annunciato la nuova legge con la quale Pyongyang, poche ore prima del 74esimo anniversario della fondazione della Repubblica Democratica Popolare, si autoproclama “potenza nucleare”. Non solo un atto formale, quello del Regno eremita, dato che nel nuovo testo imposto dal regime è prevista anche la possibilità di sferrare attacchi atomici preventivi se sarà rilevata qualsiasi tipo di minaccia alla sua integrità.
Così, fanno sapere i vertici del governo, la Corea del Nord non negozierà più con nessuno il possesso delle sue armi atomiche, chiudendo definitivamente le porte a qualsiasi forma di tavolo delle trattative con i Paesi stranieri. La nuova legge arriva al culmine di crescenti tensioni con Seoul, accusata di aver malignamente introdotto il Covid sul suo territorio, e con gli Stati Uniti. E dopo una serie sempre più serrata di test balistici dall’inizio dell’anno andati di pari passo con l’insistente invito della Corea del Sud a trattare.
In base alla legge, la Corea del Nord potrà lanciare un attacco “preventivo” con testate nucleari “automaticamente” e “in modo immediato, per distruggere forze ostili”, con la precisazione che le “forze ostili” potrebbero essere messe nel mirino tanto se sferrano un attacco nucleare quanto uno convenzionale “contro la leadership dello Stato e/o l’organizzazione di comando delle forze nucleari” nordcoreane.
Kim Jong-un, puntando il dito contro gli Stati Uniti come primo Paese a possedere e ad aver utilizzato bombe atomiche in guerra, ha detto che l’arsenale nordcoreano costituisce “un deterrente e un’arma definitiva”, sviluppata “per eliminare la guerra nucleare e proteggere la dignità e la sicurezza” del suo Paese. Anche perché, ha rimarcato Kim, lo scopo recondito degli Usa nei suoi sforzi di “denuclearizzare” la Corea è il “crollo” del regime. Le sanzioni fanno parte di questo piano ma, secondo Kim, non fanno che rafforzare la determinazione di Pyongyang di sviluppare le sue armi strategiche.
I negoziati con Washington per la denuclearizzazione sono rimasti appesi al 2019, con gli incontri fra Kim e Donald Trump. Non è mai stato chiarito a cosa Pyongyang avrebbe dovuto rinunciare in cambio di una cancellazione o di un alleggerimento delle sanzioni. Ma Kim oggi ha chiuso ad ogni speranza di trattativa: “È assolutamente fuori discussione che noi rinunciamo per primi alle nostre armi nucleari, come non esiste alcuna denuclearizzazione e nessun negoziato su questo”, ha dichiarato il leader al Parlamento nordcoreano.
Con Kim si è subito congratulato il presidente russo, Vladimir Putin, con il pretesto della festa nazionale nordcoreana, con un’aperta dichiarazione di amicizia, mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in tono sobrio chiede che ci si sieda di nuovo a un tavolo, perché “aumentare il ruolo e il significato delle armi nucleari è contrario ai decenni di sforzi della comunità internazionale per ridurre ed eliminare i rischi atomici”.