“Ne ho lette tante. Ma più che di stupidità, preferisco parlare di ignoranza. Pochissimi conoscono i progressi che la scienza e la tecnologia hanno fatto per permettere una vita bella e ricca a chi, come me, non vede. La gente si attacca al tema della ‘vita normale’ non sapendo che si può essere anche ‘speciali’ e non solo ‘normodotati’. La gente si sente libera di insultare perché superficiale e poco preparata. Io però le dico che una volta, pur non vedendo, ho salvato la vita a mia figlia“. A dirlo è Annalisa Minetti, cantautrice e campionessa paralimpica, che in un’accorata intervista al Corriere della Sera si racconta a cuore aperto, parlando senza filtri della sua cecità e dello stigma che ancora circonda le persone diversamente abili.
Così ha raccontato questo aneddoto altamente simbolico: “Davo le spalle a una tavolata di otto persone, compresa mia figlia. Davo le spalle, ripeto, ma ho sentito chiaramente che qualcosa non andava nel re spiro di Elèna. Era molto piccola, sapevo che stava mangiando la mozzarella. Nessuno si era accorto di quel respiro leggermene più affannoso del normale. Immediatamente mi sono girata e l’ho aiutata a sputare il pezzo di mozzarella che non riusciva a ingoiare. La gente non sa che quando non vedi sviluppi in modo molto raffinato altri sensi, come l’udito. E che cerchi mille modi per ‘sentire’ i tuoi figli. Le racconto anche questa: quando Elèna era piccolissima le avevamo messo a punto una leggera cavigliera con tanti campanellini che suonavano in modo diverso a seconda dei suoi movimenti. Ecco perché nella promozione del mio disco ho voluto mettere questa frase: la vita è atletica ed io mi alleno a vivere tutti i giorni – ha concluso -. Alleno la mia mente a farcela sempre. Dalla vita non ho avuto ma ottenuto”.