Prestazione monumentale degli azzurri guidati da Pozzecco: vincono 94-86 e sbattono fuori una delle squadre favorite per la vittoria del titolo continentale. Adesso la Francia di Rudy Gobert, sulla carta un'altra avversaria "impossibile"
Questa volta a Berlino si resta, non si va. Ma è un’altra serata da libro di storia per lo sport italiano, anche se vale ‘solo’ un quarto di finale dell’Europeo. Perché quello che ha fatto l’Italbasket di Gianmarco Pozzecco non l’avrebbe pronosticato nessuno se non lui, i suoi 12 e il resto dello staff della Nazionale. Gli azzurri sbattono fuori la Serbia di Nikola Jokic, da due anni Mvp dell’Nba, vincendo 94-86. Una prestazione monumentale, di squadra, di quelle che finiranno accanto ai trionfi di Parigi 1999, del k.o. rifilato al Dream Team nel 2004 e, qualche settimana dopo, alla Lituania nella semifinale olimpica. Solo che questa volta, sulla carta, non c’era davvero storia. Poi si gioca però ed è un altro film: le triple di Marco Spissu (6/9 e 22 punti), la stoppata di un sontuoso Melli (21 punti) su Jokic, l’intensità di tutti da Simone Fontecchio (19 punti) e Achille Polonara (16 punti) fino a Pippo Ricci. I baci di Pozzecco ai suoi, uno dopo l’altro, quando si fa espellere nel terzo quarto per doppio fallo tecnico: una di quelle vicende che cambiano la storia delle partite, in un senso o nell’altro.
Questa volta lo cambiano nel senso giusto per gli azzurri, a dimostrazione di come lo spirito creato dal Poz sia positivo. Sono quarti di finale, quindi, per davvero. Bisogna ripeterselo, perché c’è da non crederci. L’Italia è brava a non andare mai in bambola, anche quando la Serbia sembra indirizzarla secondo i pronostici e con le sue armi: i centimetri di Jokic, la classe offensiva, l’esperienza. Che tradotto vuol dire dominio a rimbalzo e tanti (ma tanti) tiri liberi nei primi 20 minuti. Ma gli azzurri non si disuniscono e poi tritano gli uomini di Pesic con una foga mai vista nei gironi, dove il quarto posto era stato frutto proprio della scarsa intensità messa in campo contro l’Ucraina. Dev’essere stata una lezione, imparata benissimo. Perché a Berlino va in scena un capolavoro e, appena l’Italia mette il naso avanti nel terzo quarto, alla Serbia deve tornare in testa il fantasma del Preolimpico di Belgrado, quando lo scorso anno gli azzurri fecero festa staccando il pass per Tokyo.
È un’altra (e più forte) Serbia a Berlino, ma è la stessa Italia. L’inizio azzurro è sfrontato con Achille Polonara e Fontecchio per il 7-4. I serbi devono solo carburare: Jokic inizia a far pesare i chili e Marinkovic si accende da 3, ecco quindi il 12-0 che marchia a fuoco il primo quarto. L’imbarcata non c’è, perché l’Italbasket ha voglia di lottare e negli ultimi 3 minuti regge nonostante 11 liberi tirati dai serbi per il 28-20 dopo 10′ in cui i ragazzi di Pozzecco giocano mica male, eppure subiscono. Del resto di fronte ci sono pericoli continui da bloccare e non sempre ci si riesce nonostante l’intensità fornita dalla panchina, a iniziare da Alessandro Pajola e Paul Biligha. Però il problema di arginare la fisicità serba è sempre lì: in 50″ del secondo quarto, sono già 2 i falli sul groppone dell’Italia. E Jokic domina sotto entrambi canestri, tra rimbalzi e falli subiti, creando per sé stesso e per gli altri (38-24). Dopo 14 minuti l’Italbasket inizia a capire quanto sarà dura, ma si tiene a galla con le sue armi. Ovvero? Col tiro da tre, tanto per cambiare. Due triple di Melli valgono un battito vitale, poi due grandi difese e un altro centro dalla lunga, questa volta di Fontecchio, significano -6 (42-36) a 3’24” dall’intervallo lungo ritoccato fino al -3, ancora dalla lunga, sempre con Fontecchio. Tradotto: 6/11 da 3 nel quarto e all’intervallo è 51-45. L’Italia c’è e c’è una partita nonostante il 20-11 a rimbalzo e le 17 volte in lunetta dei serbi.
L’avvio del terzo quarto diventa una chiave, perché contro Ucraina e Croazia è stato uno dei momenti di maggiore difficoltà. E no, a Berlino non succede. Anzi, la storia è un’altra. Diversa e sorprendente. Fontecchio tiene gli azzurri lì con una tripla (59-55) e, dopo un lavorone difensivo di squadra, l’Italia spreca due volte la palla del -2. Ma che ci sia vita è lampante. Energia tanta, pure troppa per Pozzecco che si fa fischiare il secondo tecnico e viene espulso sul 61-57. Momento da sliding door. Ma diventa quella giusta, perché gli azzurri si gasano. Uno più di tutti: Marco Spissu, l’uomo del Poz. L’ex play di Sassari spara tre volte di fila dalla lunga per accorciare, pareggiare e sorpassare: 66-63 a 2′ dalla terza sirena. Poi un mini-break (5-0) della Serbia vale il 68-66 all’ultimo mini-intervallo con il ferro che sputa letteralmente la tripla del sorpasso di Pajola sulla sirena. Fanno 12/30 da 3 per gli azzurri in quel momento (sarà 16/38 alla fine) che significa mettere le fondamenta per giocarsela davvero nel quarto finale, aperto da un canestro di Spissu. Come? E bene sì, quinto tiro da tre del numero 0 dentro e nuovo sorpasso, ritoccato fino al 71-68 da Melli e poi, sì, ancora Spissu, per il 74-68.
Siccome alla festa vogliono iscriversi tutti, a quel punto tocca a Polonara rifinire con due triple senza senso un parziale che alla fine sarà di 16-2 per l’82-70 a 5 minuti dalla fine. Jokic prova a scuotere i suoi con una tripla da centrocampo, molto casuale, per il -8 con 4 minuti da giocare. Non basta, perché l’Italia alza un muro in difesa, Melli si prende il lusso di stoppare il due volte Mvp della Nba e piazzare un 4/4 dalla lunetta, con due viaggi, per il +10 a 2’34” prima di commettere il quinto fallo, fischiato generosamente in favore dei serbi. Problemi? Ma no, perché Ricci rientra a freddo e non sbaglia dalla lunetta, quindi Fontecchio ruba palla a Jokic e in contropiede, col fallo, fa 91-79 a 96″ dalla fine. C’è ancora da soffrire per una tripla di Kalinic e il -7 di Milutinov a -53″. Ma quando Polonara raccoglie sotto canestro un cross di Kalinic e subisce fallo mancano 35″ alla fine. È il momento in cui si capisce che è successo davvero. Dagli spalti si alza un coro dolcissimo che fa così: po-po-po-po-popo. Nei quarti c’è la Francia, vice-campione olimpica, e servirà un’altra impresa. Chissà se anche loro ricordano quella musichetta lì.