“Quando io arresto delle persone, posso dire solo che ho arrestato alcuni presunti innocenti: lo Stato, dunque, non può spiegare all’opinione pubblica cosa è successo sul territorio, perché alcune persone sono state arrestate. L’indagato, invece, può fare una conferenza stampa e dire quello che vuole”. Parola di Nicola Gratteri, che così ha spiegato gli effetti della legge sulla presunzione d’innocenza varata dal governo di Mario Draghi e dalla guardasigilli Marta Cartabia. Una norma che in pratica è un bavaglio per i pm. “Questa legge è passata col silenzio assenso dei giornali”, ha detto il procuratore capo di Catanzaro, ospite della Festa del Fatto Quotidiano alla Casa del Jazz di Roma. A moderare il dibattito intitolato “A che punto è la giustizia” i giornalisti Valeria Pacelli e Andrea Scanzi.

Gratteri ha bocciato completamente tutte le riforme della giustizia varate dal governo Draghi. “Io riforme così non credevo che fossero possibili. Pensiamo all’improcedibilità, quando Cartabia ha approvato questa legge ha detto: se questa legge non piace ai magistrati allora vuol dire che va bene”, ha spiegato, riferendosi al meccanismo che fa morire i processi se non si concludono entro due o tre anni in Appello. “Questa riforma l’ha chiesta l’Europa? Non è vero, l’Europa ci ha chiesto di velocizzare i processi”. Secondo il capo della procura di Catanzaro le riforme varate da Cartabia non hanno niente a che vedere “col funzionamento dei processi o del sistema giudiziario. Questo è un regolamento di conti della politica con la magistratura. Mentre noi parliamo ci sono circa 250 magistrati fuori ruolo: cosa vuol dire? Che hanno vinto i concorsi per fare i magistrati ma fanno altro. Non è così che si velocizza la giustizia”. Sulla riforma del Csm ha detto: “Non penso che ci sarà un miglioramento, credo che la montagna alla fine abbia partorito il topolino. Fino a quando per individuare i membri del Csm non si arriverà al sorteggio ponderato non si cambierà mai nulla e la gente si allontanerà sempre più da noi”. E a proposito degli scandali che hanno travolto il mondo della magistratura, ha attaccato: “Bisognava azzerare il Csm, invece dopo il caso Palamara ci sono state soltanto le chiacchiere. E la magistratura ha continuamo a perdere credibilità”.

Gratteri è poi tornato sulla sua mancata nomina a guardasigilli da parte di Matteo Renzi nel 2014. “Molti miei colleghi andarono da Giorgio Napolitano a sconsigliarlo di accettare la mia nomina a ministro. Io non sono un uomo di mediazione, io non mi sono candidato al Csm. Ho fatto capire che lo avrei fatto, anche se non ci ho mai pensato: volevo solo vedere sbiancare le facce dei capi delle correnti”. Sull’emergenza carceraria, invece, ha fatto notare che “nelle carceri ci sono dei malati psichiatrici ma perché sono lì? Perché nessuno pensa a investire soldi per la Rems, le residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. E perché continuiamo a tenere dentro anche i tossicodipendenti? E a questo che dobbiamo pensare se vogliamo risolvere il sovraffollamento. E nel frattempo dobbiamo costruire nuove carceri”.

Anche secondo Gratteri è inquietante l’assenza della lotta alla mafia dal dibattito della campagna elettorale. Ma non solo: Gratteri ha spiegato che secondo lui “il contrasto alle mafie non è sparito solo dall’agenda politica di questo governo ma da un po’ di governi, sia di centrodestra che di centrosinistra“. E anche sei Alfonso Bonafede, come ministro della giustizia, “ci è stato vicino e ci ha aiutato”, i 5 stelle non possono dire di “non avere peccato, perché avrebbero dovuto fare cadere il governo Draghi prima, quando si è iniziato a discutere dell’improcedibilità“. E sull’ipotesi di un passaggio in politica, ha negato di aver mai parlato con Giuseppe Conte di una candidatura: “Al Csm i due consiglieri eletti dal M5s non mi hanno neanche votato quando ero candidato per la Procura nazionale Antimafia: se ero dei 5 stelle mi avrebbero almeno votato”, ha scherzato, negando dunque di avere intenzione di scendere in politica. E a proposito di elezioni, il magistrato ha spiegato come funziona la raccolta del consenso da parte delle organizzazioni criminali. “Le mafie sono una minoranza, ma sono una minoranza organizzata. In tempo di elezioni i mafiosi votano tutti per la persona indicata dal boss e tendenzialmente puntano sul cavallo vincente. E quando sbagliano il cavallo poi si riposizionano”. Ma come raccolgono i voti le mafie? “Semplice: stanno sul territorio 365 l’anno. Danno risposte alla popolazione: durante il lockdown, mentre i politici parlavano ancora su cosa fare, la ‘ndrangheta aveva già portato la spesa nelle case di chi non aveva lavoro”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

“A che punto è la giustizia?”, rivedi il dibattito con Nicola Gratteri, Andrea Scanzi e Valeria Pacelli dalla festa del Fatto Quotidiano

next
Articolo Successivo

Presunzione d’innocenza, Gratteri alla festa del Fatto: “Questa legge è passata col silenzio assenso dei giornali”

next