di Michele Sanfilippo
Che il Partito democratico abbia, ormai definitivamente, spostato il proprio baricentro verso il centro è ormai cosa assodata da tempo. Dalla sua fondazione questo partito è molto più preoccupato di rappresentare gli interessi di Confindustria che quelli dei lavoratori, dando corpo, nei fatti, al progetto neoliberista di anteporre l’impresa al lavoro. Il Job Act del resto è opera del Pd, seppur a guida Renzi.
Ma Letta non ha poi operato in modo molto diverso da Renzi. Certo è molto meno sguaiato e più istituzionale ma, nella sostanza, non ha cambiato la sostanza della politica economica e sociale del partito. In questa campagna elettorale poi, a mio avviso, Letta ha perso la bussola. Da uno che ha diretto la Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi mi sarei aspettato almeno la capacità di saper leggere la situazione recente del nostro paese.
Sono anni che l’Italia sta vivendo una profonda crisi ma la pandemia prima e la guerra in Ucraina poi hanno accentuato i problemi. Ci sono circa sette milioni di persone che vivono al limite dei livelli minimi di sussistenza e il 40% degli elettori non vota perché deluso dalla politica. Da che mondo è mondo nei momenti di grande crisi le politiche moderate, atte a salvaguardare lo status quo, sono poco attraenti per chi non ha nulla da perdere. Possono interessare casomai i pochi che hanno posizioni di rendita.
Ora da una persona di cultura, che insegna ed esercita la politica a quel livello e da così tanti anni, mi sarei aspettato che, se non per convinzione almeno per tatticismo, tenesse conto di tali elementi e provasse a parlare a queste persone. Non dico che avrebbe dovuto fare proclami da Giacobino, non sarebbe né nella sua natura né in quella del partito, ma dalla caduta del governo in avanti non ci ha neppure provato e non ne ha azzeccata una: prima ha scaricato il Movimento 5 Stelle, poi, in nome del tanto declamato campo largo (prego chiunque abbia idea di cosa sia o dovrebbe essere, di spiegarmelo) ha cercato l’accordo con Calenda che da tempo è un generale senza esercito, sostenuto da tutti i mezzi d’informazione controllati dall’establishment.
Un attimo dopo aver portato Fratoianni nella coalizione, Calenda e Renzi l’hanno scaricato. Quindi: fine del campo largo, qualunque cosa fosse. A questo punto ha messo ha messo su una chiamata alle armi contro una destra che, non posso dargli torto, è preoccupante.
In tutti questi giochetti di palazzo non solo non c’è traccia di un tentativo di dialogo con chi soffre di più ma, soprattutto, manca l’idea di un progetto. Eppure, quando ha preso la guida del Pd, dopo i disastri di Renzi, sembrava aver capito gli errori commessi dai suoi predecessori, ma non è stato minimamente capace di mettervi rimedio e riorientare il partito verso quelle persone che hanno maggior bisogno di essere tutelate dalla politica.
La destra è molto più abile nel saper parlare agli esclusi e nel dare delle risposte, anche se a mio avviso sbagliate. Spero di sbagliare ma temo che dopo le elezioni scopriremo che Letta non solo non avrà reso un buon servizio al suo partito ma neppure, e soprattutto, al paese.