La Svezia va alle urne, elegge come primo partito nazionale i Socialdemocratici (S) della premier uscente Magdalena Andersson e dà la maggioranza al centro destra con estrema Destra inclusa, per tre seggi. È quanto accaduto la scorsa notte. Il risultato è ancora provvisorio: quello definitivo non sarà disponibile prima di mercoledì. Mancano i voti degli stranieri, ma lo smacco e la delusione è stata bruciante per il centrosinistra. È praticamente lo stesso risultato elettorale precedente. A ruoli invertiti però. Fin dalle prime battute dello spoglio appare chiaro che i veri vincitori sono la Andersson con oltre il 30% dei consensi, e gli estremisti di Destra, gli Sverigedemokraterna (SD), guidati dal leader Jimmie Åkesson, che con il 20,7% diventa il secondo partito del Paese. Per la coalizione rosso-verde sembra ripetersi la storia del 2018, quando a fare l’equilibrista con un Governo di minoranza fu il premier Stefan Löfven. Sembra scalzato dagli SD per 1,7 punti in percentuale Ulf Kristersson, storico volto dei Moderaterna (M), che ha osato per la prima volta aprire a un’intesa con gli SD, senza però parlare di vera alleanza. Imitarne le posizioni per combattere le bande criminali che insanguinano le città quotidianamente non gli ha portato bene, si pensa subito. Gli svedesi sul tema “malavita uguale immigrati”, ad una controfigura mitigata hanno preferito il “giustiziere” originale. Il tema della sicurezza infatti, declinata nei diversi linguaggi, è stata al centro della campagna elettorale fino agli ultimi duelli televisivi. Quando però con l’aumento delle bollette saliva anche il panico tra i cittadini, epicentro del dibattito è diventato l’approvvigionamento e l’indipendenza energetica all’insegna del protezionismo, con una soluzione di Destra, cioè riaccendere le centrali nucleari, ed una di Sinistra, che propone di divincolare il mercato energetico nazionale da quello europeo, garantendo elettricità a prezzo calmierato al Paese, e vendendo il surplus al prezzo di mercato, attualmente folle, all’Europa. L’attenzione virata verso l’economia sembra aver aiutato la premier socialdemocratica, messa più volte con le spalle al muro durante i dibattiti, perché l’implosione della criminalità è avvenuta durante il doppio mandato del suo partito.
Crescono i Verdi (MP), ma di pochissimo rispetto alle aspettative. Dati per favoriti, per un po’ si dubita persino riusciranno a superare lo sbarramento del 4%, nonostante l’emergenza climatica ed energetica e benché siano nella patria di Greta Thunberg. In campagna elettorale hanno preferito criticare i partiti all’opposizione anziché proporre, e l’elettore se ne è accorto. In calo anche i Kristdemokraterna (KD) e i Liberalerna (L, liberali). Delusione anche per il partito di Sinistra di Nooshi Dadgostar. Figlia di una coppia fuggita dall’Iran, carismatica, preparata, paga lo scotto di aver fatto cadere l’ex premier socialdemocratico Stefan Löfven, che lo scorso novembre ha ceduto il posto alla Andersson, perché il suo piano per liberalizzare gli affitti è stato sfiduciato, proprio da lei. Gli svedesi non l’hanno digerito, interpretando la scelta della leader della Sinistra, come una mossa atta puramente a soddisfare appetiti di potere. Passa la mezzanotte, continua lo spoglio, e si continuano ad immaginare la Andersson che, in versione funambula, dovrà fare i conti con il Centerpartiet e la sua leader, Annie Lööf. Celebre perché nel 2018 si è messa sotto l’asse Socialdemocratica qualche giorno dopo aver giurato alla Svezia che mai si sarebbe spostata a sinistra, la Lööf e il suo partito rappresentano l’interpretazione centrista del malpancismo di quella parte di società che si sente poco considerata: i contadini che vivono e lavorano nelle campagne e l’elettorato dei piccoli quartieri immersi nelle grandi distese nordiche. Appare così una sorta di contrappeso di “quasi” Sinistra agli SD. La Lööf si rivolge infatti a questo elettorato quando parla di condizioni pari per tutti, transizione verde, lotta al razzismo e alla xenofobia. Per tener testa ad Åkesson ci vorrebbe altro però, soprattutto di questi tempi. L’estremista aveva pronosticato la bomba sociale già dal 2010, quando per la prima volta, a 31 anni, entra in Parlamento. Nei suoi ranghi circolano parecchi ceffi recuperati da gruppi neonazisti, ma lui riesce a ripulirsi la faccia, ad usare termini duri e diretti, inediti nel dibattito svedese. Immigrazione fuori controllo, una “società parallela” per usare le sue espressioni, ora sono oggettivi. L’incremento di sparatorie e crimini da parte di bande composte da giovani stranieri, che a loro volta ingaggiano giovanissimi con piccoli compensi, sono un fenomeno dalle dimensioni impressionanti oggi in Svezia. Circa il 93% dei voti è stato scrutinato. Sulla base di questo risultato preliminare, Moderati, Sverigedemocraterna, Krisdemokratica e Liberalerna raccolgono 176 seggi in Parlamento, mentre Socialdemokraterna, Partito di Sinistra, Verdi e Partito di Centro 173.