Le sconfitte e la perdita di territori, anche strategici, nell’Est dell’Ucraina non rimangono impuniti a Mosca. Ma se a pagare nell’immediato sono i comandanti delle truppe impegnate al fronte, ripercussioni politiche sembra che inizino a crepare anche alcune certezze intorno alla figura di Vladimir Putin. È così che, mentre Kiev continua a diffondere notizie di aree del Paese in mano ai russi riconquistate dai militari di Volodymyr Zelensky, i consiglieri municipali di 18 distretti di Mosca e San Pietroburgo hanno chiesto le dimissioni del presidente russo affermando che le sue azioni “ledono il futuro della Russia e dei suoi cittadini”, come riporta Novaya Gazeta Europa citando l’account Twitter di una consigliera. Prese di posizione dure, e anche rischiose, che seguono quelle di un nome tutt’altro che marginale nel panorama politico e militare russo, quello del leader ceceno, Ramzan Kadyrov, che domenica aveva definito “errata” la strategia di Mosca nel contesto ucraino, aggiungendo che, se le cose non fossero cambiate, si sarebbe recato personalmente al ministero della Difesa. Intanto, l’ultimo alto grado militare a saltare è il tenente generale Roman Berdnikov, comandante del Distretto militare occidentale che aveva anche comandato l’intervento della Federazione in Siria, rimosso dall’incarico assunto solo a fine agosto proprio a causa delle sconfitte ottenute sul campo di battaglia.

I consiglieri ribelli – La scorsa settimana, sette membri del consiglio distrettuale “Smolninskoye” di San Pietroburgo hanno chiesto ai deputati della Duma nazionale di indagare Putin per “alto tradimento” per l’invasione dell’Ucraina e sono stati accusati per questo di “discredito dell’esercito”. La nuova legge “bavaglio” prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sull’esercito che dovessero essere ritenute “false” dalle autorità, vietando di fatto di criticare la guerra in Ucraina. Le accuse contro i consiglieri municipali pietroburghesi sono però di natura amministrativa e non penale.

Kadyrov spinge l’offensiva – Dopo le critiche avanzate nei confronti della strategia militare di Mosca, torna a farsi sentire il leader ceceno e grande sostenitore di Vladimir Putin, Ramzan Kadyrov, che ha annunciato il ritorno delle sue unità speciali d’élite sul campo di battaglia ucraino, guidate da Adam Delimkhanov: “Sono tornate nella zona di operazioni militari speciali in Ucraina dopo un periodo di riposo”, ha scritto sul suo canale Telegram. E il portavoce della Difesa russa, Igor Konashenkov, assicura che l’offensiva di Mosca non si ferma: “Le forze aerospaziali e missilistiche russe continuano a lanciare attacchi di precisione contro le unità e riserve delle forze armate dell’Ucraina” nei territori dove sono avanzate nella regione di Kharkiv.

Le nuove purghe e la narrazione di Mosca – Secondo quanto fa sapere l’intelligence di Kiev, la Russia ha rimosso dall’incarico il tenente generale Roman Berdnikov, comandante del Distretto militare occidentale che aveva anche comandato l’intervento della Federazione in Siria. Ma i risultati negativi sul campo di battaglia non frenano l’aggressività delle dichiarazioni di Mosca: Dmitri Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza, ha infatti dichiarato che “un certo Zelensky ha detto che non avrebbe dialogato con coloro che danno ultimatum. Questi ‘ultimatum’ sono solo un piccolo riscaldamento per le condizioni che verranno stabilite in futuro, ossia la capitolazione totale del regime di Kiev alle condizioni della Russia”. Stesse parole usate dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ribadisce: la Russia continuerà l’operazione militare speciale in Ucraina “fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi”. La risposta del presidente ucraino non si fa attendere e anche quella non sembra indirizzata verso possibili colloqui: “Non è possibile revocare le sanzioni. Non possiamo discutere niente con la Russia finché non se ne va. È possibile che dopo la guerra si possa parlare della revoca di alcune sanzioni, di risarcimenti, di pagamenti da parte loro, di diplomazia. Possiamo coinvolgere i leader di qualsiasi Paese, qualsiasi istituzione internazionale in questi negoziati, ma solo dopo che la Russia avrà lasciato tutti i nostri territori”. Sempre a proposito di sanzioni, Vladimir Putin ha fatto sapere che Mosca “sta affrontando con sicurezza le pressioni esterne”, e, ha aggiunto, “l’aggressione finanziaria e tecnologica di alcuni paesi. Le tattiche della guerra lampo economica, l’assalto su cui contavano, non hanno funzionato, questo è già ovvio per tutti, e anche per loro”. Il capo del Cremlino, ha detto Peskov, è informato della situazione delle truppe russe sul campo di battaglia.

Gli sviluppi sul campoFra le città riprese da Kiev c’è anche Izyum. Il sindaco Valeriy Marchenko ha detto al Corriere che il centro è circondato dalle truppe ucraine: “Ci sono ancora combattimenti all’interno, piccole sacche di resistenza russa. Siamo felici di poter tornare di nuovo a casa, ma allo stesso tempo siamo rattristati, sapendo quale prezzo è stato pagato. I riscaldamenti sono il problema più grosso. Dubito che riusciremo a ripristinare il sistema di riscaldamento prima dell’arrivo dell’inverno. Il mio compito adesso è di riparare le infrastrutture e di occuparmi della situazione umanitaria”. Secondo i primi calcoli svolti dalle autorità locali, ci sono almeno mille morti, con l’80% dei palazzi distrutti.

Secondo quanto riportato dallo Stato Maggiore delle Forze Armate dell’Ucraina in un post su Facebook, Kiev ha riconquistato nelle ultime 24 ore oltre 20 insediamenti nelle regioni di Kharkiv e Donetsk“. Le forze russe, prosegue, “hanno lanciato 18 attacchi missilistici e 39 attacchi aerei contro obiettivi militari e civili in tutta l’Ucraina e hanno compiuto un altro “atto terroristico” lanciando un attacco missilistico contro la centrale termoelettrica di Kharkiv, “un’infrastruttura critica della città. Di conseguenza, sono state registrate interruzioni parziali di corrente elettrica in diverse regioni del Paese”. Conquiste ucraine anche nella regione di Kherson, dove sono stati ripresi circa 500 chilometri quadrati di territorio, ha fatto sapere l’esercito. E le forze ucraina si sono di nuovo spinte, almeno con le loro armi, anche al di là del confine con la Russia: secondo il governatore di Belgorod, citato dalla Tass, Kiev bombardato la regione frontaliera russa provocando almeno un morto e 4 feriti. Sempre lungo il confine, i militari di Kiev hanno fatto sapere di aver conquistato anche Ternova.

E mentre i militari ucraini stanno liberando i territori riconquistati, arriva la notizia della scoperta di una nuova “camera delle torture” nella città di Balakliya, nella regione orientale di Kharkiv. Lo ha riferito su Facebook Maryana Bezugla, deputata del partito Servitore del Popolo del presidente Volodymyr Zelensky, che ha anche pubblicato alcune foto della stanza. “Balakliya. Stanza delle esecuzioni. Seminterrato. Le istruzioni sul ‘nazismo ucraino’ sono incollate sui muri, nelle vicinanze una sedia con un martello, nastro adesivo e guanti usati. In un’altra stanza tracce di sangue”, ha scritto la parlamentare. Notizie simili arrivano dalla vicina Zaliznychne, dove sono stati rinvenuti i cadaveri di quattro civili con segni di tortura, secondo quanto comunicato dalla procura generale ucraina.

I bombardamenti intanto proseguono: almeno quattro civili sono morti a causa nelle regioni di Kharkiv e Donetsk, nell’Ucraina orientale. Un’altra è stata uccisa e altre due sono rimaste ferite nella città di Kharkiv. Lo ha scritto il sindaco, Ihor Terekhov, su Telegram sottolineando che è stato colpito “un edificio residenziale nel quartiere di Novobavarsky”. Da parte sua, il capo dell’amministrazione militare regionale del Donetsk, Pavlo Kyrylenko, ha scritto che “l’11 settembre i russi hanno ucciso tre civili nella regione di Donetsk, a Velyka Novosilka, Romanivka e Bakhmut. Altre otto persone sono rimaste ferite”. Diverse esplosioni inoltre sono state sentite la notte scorsa a Zaporizhzhia, città vicina all’omonima centrale nucleare sulla quale le cancellerie europee, per ultima quella francese, insieme alle organizzazioni internazionali stanno cercando di arrivare a un compromesso tra le parti per un cessate il fuoco locale che limiterebbe il rischio di un incidente atomico. Ma sulla smilitarizzazione dell’impianto arriva di nuovo il ‘niet‘ di Mosca, con Peskov che ha ribadito: “l ritiro delle truppe russe dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia non è in programma”. Posizione già espressa dopo gli appelli delle Nazioni Unite delle scorse settimane, spiegando che la presenza delle truppe del Cremlino rappresenta una “garanzia di sicurezza”. In realtà, controllare la centrale mette Mosca nella posizione di poter ricattare l’avversario, come dimostra lo spegnimento dell’ultimo reattore attivo, ad esempio con il distacco della corrente elettrica fornita alle aree circostanti.

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