La Scozia restituirà la Pietra di Scone per l’incoronazione di Carlo III. Ma sarà soltanto un prestito. La celebre reliquia, utilizzata da secoli nelle cerimonie della corona inglese e che giace nel castello di Edimburgo dal 1996, tornerà subito indietro. Negli ultimi 26 anni i rapporti fra i due Paesi sono molto cambiati e dopo la Brexit sono diventati ancora più ruvidi. Ma si è scongiurato il rischio di un no da parte di Edimburgo: gli accordi saranno rispettati. Il parallelepipedo di 152 chili di arenaria, considerato fra gli elementi essenziali del protocollo della cerimonia, potrà figurare sotto il trono di Carlo III nell’Abbazia di Westminster. Come per l’incoronazione di Elisabetta II nel 1953. “Il nostro personale sposterà con ogni cautela la Pietra del Destino nell’Abbazia di Westminster prima dell’incoronazione di Carlo III. Per poi riportarla immediatamente ad Edimburgo” hanno garantito gli addetti alla grande cerimonia. A confermarlo l’Historic Environment of Scotland.
Ma cosa rappresenta la Pietra di Scone? Dal nono al tredicesimo secolo è sempre stata usata per le cerimonie di incoronazione dei re scozzesi. Fu Edoardo I a portarla a Westminster nel 1296. Solo nel 1996 fu restituita alla Scozia. “Il suo valore simbolico è fortissimo. Scozia e Inghilterra sono sempre state nemiche, spiega Alberto Mattioli, autore con Marco Ubezio di “Elisabetta. La regina infinita” (Garzanti).
Il suo racconto: “Dopo la morte di Elisabetta I, l’erede al trono diventa Giacomo I, di stirpe scozzese, stirpe che regna fino alla rivoluzione che porta sul trono Guglielmo III. Ma quando cade la dinastia degli Stuart la corona passa dagli Hannower, la dinastia tedesca da cui discendono i Windsor ed Elisabetta II. Quando nel 1707 viene votato l’atto di unione con la Scozia, la questione dell’indipendenza si inasprisce. Anche perché la dinastia regnante sui due regni non è più scozzese”. La pietra di Scone non è importante solo come elemento del cerimoniale ma anche come simbolo dell’identità scozzese. “Con la rimozione della Pietra Edoardo I provò a dimostrare che la Scozia non era più un regno, ma una semplice provincia dell’Inghilterra”, dice ancora Mattioli.
È una pietra leggendaria. Conosciuta anche come Pietra del Destino o Pietra dell’Incoronazione. Un blocco di arenaria utilizzato già nelle cerimonie d’incoronazione dei monarchi medievali scozzesi. Che si svolgevano proprio a Scone, in Scozia. Secondo la leggenda, su quella pietra Giacobbe, il fondatore del popolo d’Israele, aveva ricevuto la visione della Scala sulla quale salivano e scendevano gli angeli, ponte fra cielo e terra. Dopo aver viaggiato dal Medio Oriente all’Egitto, dalla Sicilia alla Spagna, la pietra avrebbe raggiunto l’Irlanda intorno al 700 d.C. e da lì la Scozia.
Lo abbiamo ricordato: a inasprire ancor di più i rapporti tra Scozia e Inghilterra è stata la Brexit, fortemente voluta da Londra ma non da Edimburgo. Ma questa ambizione di indipendenza c’è da sempre. Mattioli si chiede: “Perché Elisabetta II ha chiamato il primogenito Charles? Lei proviene dalla dinastia degli Hannover, alla cui tradizione non appartiene quel nome. Che invece è tipico della dinastia degli Stuart, scozzese”. E aggiunge: “Ogni re può scegliere il suo nome, ma lui ha tenuto quello di battesimo. Intelligentemente. Forse potrebbe essere visto come una strizzata d’occhio alla Scozia. Un gesto rassicurante per tentare di far sì che il Regno Unito resti tale”.
Oltre alla questione, risolta, della pietra del Destino, Re Carlo dovrà affrontarne altre. Tutte molto complesse. Dopo 70 anni dall’ultima volta che il Regno Unito ha incoronato un sovrano, bisognerà rivedere i filmati di quel giorno, trasmessi in diretta dalla Bbc, per ripetere fedelmente tutte le azioni. Dall’abito penitenziale del monarca, al corteo che seguirà la cerimonia (era lungo oltre tre chilometri) fino all’olio usato per l’unzione. Prodotto da un’unica farmacia di Londra che non esiste più. E la corona da Re, pesantissima, richiederà giorni di allenamento per poterla indossare, impugnando anche tutti gli altri simboli del regno, come lo scettro e il globo.
“La cerimonia sarà più sobria, più moderna – ipotizza Mattioli – ma ci vorranno comunque mesi e mesi per organizzarla. Il responsabile delle cerimonie di corte, il Duca di Norfolk, dovrà dirimere questioni delicatissime, che sembrano formali ma hanno un valore politico”. Per esempio? “Tralasciando aspetti più pittoreschi – spiega ancora Mattioli – come la presenza al banchetto di un araldo in armatura pronto a duellare con chi mettesse in dubbio la legittimità del Re, c’è la questione del titolo di ‘difensore della fede’”. Spiega ancora Mattioli: “Questa è una monarchia della tolleranza religiosa, che non ha nelle sue corde il primato della superiorità della cristianità. Si era già dibattuto su questo in passato”. Quindi? “Carlo potrebbe scegliere di farsi chiamare ‘difensore delle fedi’”. Altra questione che sta facendo discutere: dopo il conferimento del titolo di ‘”regina consorte” a Camilla anche lei verrà incoronata? “Dubito – conclude Mattioli – perché mentre la madre di Elisabetta II, anche lei Elisabetta, fu incoronata insieme con il marito Giorgio VI, il marito di Elisabetta II, Filippo Duca di Edimburgo, no”.