Svelato il tanto atteso e inedito modello del Cavallino: la "supercar per famiglie" come la definiscono al quartier generale delle Rosse. Spaziosa, accattivante e spinta da un possente e tradizionale V12 da 725 cavalli, la nuova nata sarà tra i modelli più esclusivi in gamma e il suo listino partirà da 390 mila euro
Innanzitutto non provate a chiamarlo “Suv” e non commettete il peccato di pensare che lo sia. La pena è una scomunica diretta from Maranello. Al massimo, se proprio non resistete ad appiccicare un acronimo alla Purosangue, potreste provare con “Fuv”, come Ferrari Utility Vehicle. E, comunque, gli uomini in rosso vi guarderebbero storto ugualmente, perché sono convinti che quest’automobile vada oltre le categorizzazioni. E in parte hanno ragione, perché basta dare un’occhiata alla silhouette dell’auto per rendersi conto che su strada non circola nulla di lontanamente simile.
Genoma Rosso
Qui il dna è orgogliosamente e distintamente Ferrari, fatto di cromosomi che hanno dovuto superare una genesi travagliata, iniziata qualche anno fa: di fatto, è da perlomeno un quarto di secolo che a Maranello stavano pensando di fare una “supercar per famiglie”. Ma il via libera al modello è arrivato subito dopo un “niet” che sembrava categorico, quello dell’allora presidente Sergio Marchionne: “Non ci sarà mai un Suv Ferrari. Abbiamo altri brand come Maserati per questo segmento e per competere con Porsche”, diceva il manager di origini abruzzesi nell’ormai lontano 2015. Eppure, da lì a pochi anni sarebbero iniziati i lavori di ingegnerizzazione del veicolo.
Lo stesso Marchionne confermò l’esistenza del progetto al Salone di Ginevra del 2018: “Ho cambiato idea…”, disse. Oggi Enrico Galliera, Chief Marketing and Commercial Officer del Cavallino spiega il perché del celebre passo del gambero del compianto Marchionne: “Il cambio di strategia è stato prevalentemente reso possibile dall’arrivo di nuove tecnologie, le stesse che ci hanno permesso di assicurare che un veicolo con la stazza della Purosangue potesse raggiungere gli standard dinamici e prestazionali che ci si attendono da una Ferrari”.
E se è vero che quella sotto la guida di Benedetto Vigna è la Ferrari che vuole guardare al futuro, che ha fame di elettrificazione e che ha in cantiere persino un modello 100% elettrico, è anche vero che l’origine della Purosangue è “marchionniana”. Il punto di contatto fra queste due epoche del Cavallino, che sembrano distanti anni luce fra loro, coincide con lo zenit della metamorfosi (fatta di nuove tecnologie propulsive e, soprattutto, modelli eterogenei come non mai) che sta accompagnando il marchio e di cui Purosangue – certamente rivoluzionario, perlomeno rispetto a ciò che Ferrari ha sfornato sino a oggi – rappresenta il culmine. Almeno per il momento.
A ciascuno la sua
Purosangue è il prodotto più illustre della filosofia “Different Ferraris for different ferraristi”, cioè modelli diversi, se non diversissimi, per clienti diversi. Tradotto, significa che la Purosangue porterà a Maranello anche utenti che mai si erano avvicinato al Cavallino. Certo, alcuni fondamentali sono condivisi con le (arci)collaudate FF e la GTC4Lusso: in comune ci sono il motore V12 aspirato (quello della Purosangue eroga 725 cavalli), la meccanica transaxle, le quattro ruote motrici e sterzanti, nonché un profilo laterale che fa l’occhiolino alle shooting-brake. Tuttavia, la Purosangue finisce per amplificare tutto questo con un abitacolo dotato di quattro comodi posti (cosa che manca a FF e GTC4Lusso), un’altezza da terra compatibile con le “strade bianche” e un bagagliaio sufficiente per tutti i passeggeri: 470 litri e fino a 1.000 abbattendo gli schienali dei sedili posteriori.
Non solo, le quattro porte – una prima su una Ferrari di serie – e la configurazione degli interni lasciano subito intuire come i progettisti abbiano conferito un’inedita e “democratica” dignità a tutti gli occupanti della vettura: chi non è al volante, quindi, non è più un passeggero passivo, una specie di zavorra biologica, quanto un copilota; il passeggero anteriore ha, addirittura, un cockpit tutto suo. Di più: questa è la prima volta in cui i tecnici della Ferrari si sono trovati a dover affrontare un goal ingegneristico come quello della “comoda accessibilità in abitacolo”. Fantascienza sino al 2018.
Fra tradizione ed elettrificazione
Ritorniamo per un momento sulla timeline Ferrari: il marchio si è già lasciato alle spalle da un pezzo l’idea di una gamma composta esclusivamente da veicoli a motore termico, come testimoniano supercar ad alto tasso di elettrificazione come le nuove 296GTB, SF90 Stradale e relative edizioni spider, tutte ibride ricaricabili. E questo è solo l’inizio, come comprova l’arrivo al vertice di Maranello del suddetto Vigna, proveniente dal campo dell’hi-tech. Tuttavia, saranno proprio quelle elettrificate le Ferrari che salveranno la vita alle Rosse che hanno “solo” bielle e pistoni, a cominciare dalla Purosangue che, pure in ossequio al suo nome, è spinta dalla più nobile delle architetture motoristiche di Maranello: il sacro vu-dodici aspirato, passionalmente e anacronisticamente (nel senso buono del termine) termico.
Una scelta che conferma un paio di strategie: da un lato il posizionamento della Purosangue nel punto più alto della gamma Ferrari – infatti, se la entry-level Roma ha un prezzo attorno ai 200 mila euro, per la “Rossa familiare” siamo nell’ordine più o meno del doppio –, dall’altro riprendere ed evolvere la meccanica della GTC4Lusso. Anche se il V12 della Purosangue è tutto nuovo (prevede pistoni, camme, coppia olio, pompa olio, e plenum aspirazione specifici), fatto per erogare una grande quantità di coppia motrice a bassi regimi (l’80% dei suoi 716 Nm è disponibile a 2.100 rpm), pur potendo allungare come un forsennato anche nella parte alta del contagiri. Un unicum nel panorama delle cosiddette “auto a ruote alte”.
Una questione concettuale
A fare la differenza, però, al di là di tutte le primizie tecniche e tecnologiche di cui l’auto è dotata, è certamente il design. Flavio Manzoni e il suo team hanno spinto forte sulla “Ferrarità”: osservando la Purosangue si riescono a identificare praticamente tutti i codici stilistici delle ultime Rosse. Il tutto è confezionato sotto il mantello metallico di una carrozzeria che ha muscoli da vendere, su cui gli stilisti hanno giocato magistralmente per dissimulare le dimensioni imponenti e conferire all’insieme uno slancio che ha più a che fare con la supercar che con i Suv. Pardon Ferrari, ci è scappato…
Già, ma perché “Purosangue”? “Il nome nasce dalla volontà di rendere chiaro a tutti che questa è un’auto a compromessi zero. E ciò doveva essere un limpido promemoria per tutti quelli che vi hanno lavorato”, rivela Galliera. Facile a dirsi, meno a… disegnarsi: “Come per tutte le Ferrari, il target è stato far convivere insieme forme aerodinamiche ma pure plastiche”, dice Flavio Manzoni: “Si è cercato di raggiungere un equilibrio fra istanze dissonanti, come spaziosità e sinuosità delle proporzioni. In questo senso ha aiutato dividere la vettura in due volumi: il superiore è una sorta di scultura fluttuante poggiata su parafanghi molto robusti. L’ inferiore, dai toni cromatici più scuri, ha una valenza maggiormente tecnica e sportiva. Ciò conferisce all’insieme una meravigliosa ‘tensione formale’, che dona slancio all’insieme. Sembra quasi che la vettura sia pronta a balzare in avanti”.
In effetti, la miscela di elementi stilistici è un elisir di car design. “Si tratta del progetto di design più difficile che abbiamo dovuto affrontare sino a oggi” ammette Manzoni: “Ci lavoriamo dal 2018. Il nostro obiettivo è stato creare un veicolo che rifuggisse ogni tipo di classificazione convenzionale”. Persino la geometria di apertura delle portiere ha una ragione di stile: “Si aprono ad armadio per dare il “benvenuto” a tutti i passeggeri”, dice Manzoni, “e offrire loro una vista panoramica su tutto l’abitacolo”.
Tecnica avanzata
Standard dinamici da vera Ferrari: come detto, era questa la conditio sine qua non affinché il progetto ricevesse la luce verde. E raggiungere il goal non è stato semplice. Sono molti i sistemi che concorrono a rendere la Purosangue degna del Cavallino che presenta sul cofano, nonostante la stazza non indifferente: l’auto è lunga poco meno di 5 metri, pesa oltre due tonnellate a secco (2.180 kg in ordine di marcia) e il suo pavimento è alto 18,5 cm da terra. Non proprio le migliori premesse di una dinamica di guida eccellente.
Tuttavia, “la struttura alare del calabrone non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso”… e questa Purosangue è il calabrone delle Ferrari. Infatti, la configurazione meccanica col motore particolarmente arretrato e il cambio – un doppia frizione a 8 marce – in blocco al differenziale posteriore è già di per sé garanzia di un ottimo bilanciamento delle masse (49% davanti, 51% dietro). Ma a fare la differenza sono anche le quattro ruote motrici abbinate alle quattro ruote sterzanti, che consentono al retrotreno della vettura di girare agile e senza sforzo.
Lo schema a quattro ruote motrici, derivato dalla GTC4Lusso ed ulteriormente evoluto, prevede una PTU (power transfer unit) posta dinanzi al V12, ovvero un piccolo cambio automatico che può trasferire fino al 50% della coppia motrice all’avantreno (di base la ripartizione è del 20% davanti e dell’80% al retrotreno). Al crescere della velocità, attorno ai 200 all’ora, la PTU viene “sganciata” dal motore, facendo diventare la Purosangue una vettura a trazione posteriore.
L’asse anteriore è abbinato pure a un sistema torque vectoring, con frizioni che ripartiscono la coppia fra le ruote dell’avantreno a seconda del grip. Telaio? Una struttura spaceframe di alluminio – più rigida del 30% rispetto al telaio della GTC4Lusso – con tetto fatto di materiale composito per abbassare il baricentro e togliere chilogrammi da dove si fanno sentire di più (in opzione, c’è anche un tetto di cristallo elettrofotocromatico).
Ma il vero asso nella manica della Purosangue sono le sue sospensioni attive con attuatori a 48 volt: di fatto, consentono al veicolo di “piegare in curva” quando l’accelerazione laterale tocca 1g. In pratica, le sospensioni delle ruote interne alla curva vengono bloccate nella loro escursione verticale per limitare il rollio, mentre quelle delle ruote esterne si comprimono quel che basta per abbassare il baricentro del veicolo di circa 1 cm e mantenerlo composto in ogni condizione di marcia. Queste sospensioni magiche contribuiscono pure ad aumentare il comfort generale. Tutto quanto sopra risponde all’istanza di “dematerializzare” peso e altezza da terra: cioè spostare più in là i limiti della fisica applicata all’automobile.
Non sarà una “Rossa di massa”
A Sant’Agata Bolognese la Lamborghini ha raddoppiato le sue vendite da quando a listino è arrivata la Urus. In Ferrari, invece, non ci pensano nemmeno a far diventare la Purosangue la colonna portante del business: “I volumi di vendita del nuovo modello non supereranno il 20% del totale”, assicura Galliera: “Non puntiamo certo a far diventare Purosangue la “volume maker” della Ferrari. Anzi, desideriamo che sia fra le proposte più esclusive del nostro marchio. Vogliamo continuare a controllare sia la domanda che l’offerta: è questo il segreto della nostra esclusività”. Il manager ha anche confermato a mezza bocca che i primi due anni di produzione del veicolo sono già sold-out, con i ferraristi più affezionati che hanno già comprato la Purosangue mesi fa. Senza nemmeno averla vista…