Dietro le teorie del complotto c'è un normale Dpcm firmato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Garofoli che introduce un nuovo regolamento in materia di golden power, la normativa risalente al 2012 in base alla quale il governo può dettare condizioni o porre il veto all'acquisto di partecipazioni in aziende strategiche da parte di società straniere. Entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta, arrivata il 9 settembre perché la Corte dei Conti l'ha registrato il 6
Nessun “potere speciale” in capo all’attuale presidente del Consiglio, pronto ad entrare in vigore alla vigilia delle elezioni del 25 settembre. In questi giorni sta circolando sui social – e su alcuni siti web noti per la diffusione di fake news – la notizia dell’approvazione di un decreto che a partire dal 24 di questo mese conferirebbe nuove e inquietanti prerogative a Mario Draghi in tema di sicurezza nazionale e attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. C’è chi grida al “gravissimo allarme politico”, leggi rischio di golpe. Dietro le teorie del complotto c’è in realtà un normale Dpcm firmato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli che, come spiegato in un comunicato del 2 agosto, introduce un nuovo regolamento in materia di golden power, cioè la normativa risalente al 2012 in base alla quale il governo può dettare condizioni o porre il veto all’acquisto di partecipazioni in aziende strategiche da parte di società straniere. La data di entrata in vigore dipende dal fatto che il testo prevedeva l’entrata in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, arrivata il 9 settembre perché la Corte dei Conti l’ha registrato il 6.
La modifiche erano previste dal decreto Ucraina varato a marzo, ben prima della caduta del governo: nei cinque articoli dedicati al “rafforzamento dei presidi per la sicurezza, la difesa nazionale e per le reti di comunicazione elettronica” oltre ad ampliare il golden power a 5G e cloud si rinviava a un successivo decreto del presidente del Consiglio l’introduzione di misure di semplificazione delle modalità di notifica delle operazioni soggette ad approvazione, l’affidamento al Gruppo di coordinamento istituito a Palazzo Chigi (già esistente) delle decisioni di non esercizio dei poteri speciali – per eliminare la necessità di un passaggio in consiglio dei ministri – e l’istituzione di una “prenotifica” che consenta alle aziende di chiedere, per esempio, se l’acquisizione che stanno per fare è soggetta alle norme sulla tutela degli asset strategici.
Il regolamento con quelle novità è arrivato dopo la caduta del governo, l’1 agosto, con il Dpcm 133. Il giorno dopo un comunicato di Palazzo Chigi spiegava come la riforma delle procedura previste dal precedente Dpcm in materia, risalente al governo Renzi, fosse necessaria per “una più efficiente gestione di una via via crescente mole di notifiche di operazioni soggette al golden power: si è passati, infatti, da 8 notifiche nel 2014 a 18 nel 2015, 14 nel 2016, 30 nel 2017, 46 nel 2018, 83 nel 2019, 342 nel 2020, 496 nel 2021, per un totale di 1037 nell’arco di 8 anni”. Crescita dovuta sia all’aumento delle notifiche nei settori “tradizionali” (difesa, energia, trasporti, telecomunicazioni), sia all’estensione del golden power, a partire dal 2020, a nuovi comparti come l’agroalimentare, quello finanziario e assicurativo e quello sanitario. Anche se in moltissimi casi la macchina amministrativa è stata ingolfata per niente: stando all’ultima relazione del governo al Parlamento, datata 30 giugno 2022, su 496 notifiche arrivate nel 2021, 145 hanno avuto come esito l’esercizio dei poteri ma 277 sono state valutate “non rientranti nella disciplina” e per 116 è stato deciso di non esercitare i poteri.
Il Dpcm ricalca in molte parti quello del 2014. Quasi identico l’articolo 1, in cui si spiega che il decreto “disciplina l’attività di coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri per lo svolgimento delle attività propedeutiche all’esercizio dei poteri speciali”, mentre all’articolo 2 dedicato al Dipartimento per il coordinamento amministrativo, in cui siedono i rappresentanti dei ministeri competenti e a cui sono affidate le attività “propedeutiche all’esercizio dei poteri speciali”, vengono solo aggiunti alcuni dicasteri che finora non ne facevano parte. Immutato tranne che per l’aggiunta dei responsabili dell’Agenzia per la cybersicurezza l’articolo 3, che disciplina il Gruppo di coordinamento presieduto dal segretario generale della presidenza del Consiglio o dal vicesegretario delegato e composto dai responsabili degli uffici dei ministeri oltre che dal consigliere militare e dal consigliere diplomatico del premier e dai capi dipartimento per le politiche Ue e per la programmazione e il coordinamento della politica economica. Le uniche modifiche riguardano appunto la prenotifica, le semplificazioni in caso di non esercizio dei poteri speciali (non occorre il passaggio in cdm, che può però essere richiesto dall’azienda coinvolta o dalle amministrazioni che fanno parte del gruppo di coordinamento) e alcuni dettagli sul procedimento di analisi delle pratiche e di irrogazione delle eventuali sanzioni.
Ultima precisazione: contrariamente a quanto riportato dalla testata online che ha lanciato la bufala, il testo non è stato “firmato dal Capo dello Stato”. Trattandosi di un Dpcm e non di un decreto, non richiede la firma del presidente della Repubblica.