L'ex guardia azzurra, bronzo europeo nel 2003 e argento olimpico l'anno successivo, lancia l'Italbasket in vista della sfida (oggi, ore 17.15) contro i francesi per un posto in semifinale a Eurobasket: "Dalla vittoria con la Serbia abbiamo tratto entusiasmo, in questa rassegna tutti possono vincere contro chiunque". E sul coach, suo ex compagno di squadra: "Va preso così com’è. E a volte..."
“Nella Nazionale che ha battuto la Serbia ho rivisto lo spirito di quella del 2004. Certe partite si soffre più a guardarle che a giocarle. Avrei voluto esser in campo con loro perché si vedeva che si divertivano”. Parola di Gianluca Basile, 47 anni nativo di Ruvo di Puglia. Grazie ai suoi “tiri ignoranti”, l’Italbasket ha vinto un argento olimpico nel 2004 ad Atene e un bronzo agli Europei nel 2003 in Svezia. Quel giorno a Stoccolma un’Italia “operaia” riuscì a superare la Francia della stella Nba Tony Parker. Diciannove anni dopo l’Italia affronterà di nuovo i transalpini ai quarti di finale di Eurobasket. Per entrare nelle prime quattro d’Europa servirà una “gara perfetta” come quella contro la Serbia.
Basile, che cosa ha provato guardando l’Italia battere i serbi?
Un’emozione incredibile. Sono partite che creano un entusiasmo che non ha pari. Nessuna vittoria con il club può eguagliare una vittoria con la nazionale. Gli azzurri sono stati capaci di riportare un’euforia che mancava da anni nella pallacanestro. Va dato merito a Sacchetti che ha iniziato il lavoro e a Pozzecco che lo ha continuato.
A proposito del Poz, che cosa ha pensato al momento della sua espulsione?
La situazione che ha creato Gianmarco ci ha dato una scossa. Da lì in avanti i ragazzi si sono sbloccati. Pensate a Spissu: la sua prestazione è un atto d’amore nei confronti del proprio allenatore. E non scordiamoci che un anno prima a Belgrado non aveva nemmeno giocato.
Per il coach italiano, quella di domenica è stata “la miglior partita della storia del basket italiano”. Anche più della vittoria contro la Lituania in semifinale ad Atene 2004, dove eravate in campo insieme.
Il Poz a caldo può dire di tutto, anche delle cag… (ride). Quella contro la Serbia è stata una grandissima partita anche se ancora non si è portato niente a casa. Sui libri di storia ti fanno andare le medaglie. Tra qualche anno nessuno si ricorderà della partita con la Serbia se non sarai salito sul podio. Ma nel frattempo godiamoci questo momento. Questa nazionale merita molto di più di una vittoria con la Serbia agli ottavi, rispetto all’anno scorso abbiamo più esperienza e consapevolezza. Gli azzurri sono sulla strada giusta.
Lei Pozzecco lo conosce bene, ci ha giocato in sia Nazionale sia con la maglia della Fortitudo.
Va preso così com’è. Se tutti si aspettano un Pozzecco alla Messina allora non stai neanche a prenderlo. Mi hanno fatto ridere le tante opinioni su di lui dopo la partita con l’Ucraina: gli errori si fanno, ogni allenatore li fa. Non è semplice allenare la nazionale: hai un periodo breve per prepararti e il margine di errore è bassissimo. Basta sbagliare una partita e si arriva quarti nel girone come è accaduto con l’Italia.
E poi ha conosciuto il primo “Poz allenatore”, quello che guidava l’Orlandina in A2, mentre lei giocava ancora.
Era alla sua prima esperienza da coach e magari a volte lo aiutavamo noi giocatori nel curare l’aspetto difensivo. Da giocatore non difendeva mai, ma da allenatore ha capito l’importanza di quell’aspetto. Ha fatto molta esperienza in Croazia e a Milano con Messina. Adesso è molto più attaccato alla difesa che all’attacco. Se difendi poi puoi correre e fare canestri facili e sei più tranquillo.
Una tranquillità in attacco testimoniata dal 42% da 3 contro la Serbia. Questa Nazionale le ricorda quella del 2004?
È dalla scorsa estate che ho iniziato a rivedere lo spirito del 2004. Eravamo inferiori a tanti ma dentro avevamo qualcosa in più. La difesa ci dava tranquillità e quando sei tranquillo puoi mettere dentro qualsiasi tiro. Se poi non entrano puoi permetterti anche qualche giro a vuoto perché la difesa tiene e tutto diventa più facile.
C’è qualche azzurro nel quale si rivede oggi?
Mi sono rivisto in Fontecchio, ma lui è nettamente più forte. Se penso al fisico che ha in confronto a quello che avevo io… (ride). In questi anni il basket è cambiato, è cresciuto. Lui va sopra il ferro e in difesa ti cambia il tiro: adesso ha la consapevolezza di poter segnare di tutto. È nettamente più forte di me e ha la strada spianata davanti a sé.
Adesso c’è la Francia. Che partita sarà?
Ripartiamo dalla sconfitta ai quarti dell’Olimpiade l’anno scorso. Ce la siamo giocata fino alla fine, ma oggi abbiamo un anno di esperienza in più.
Fa più paura Jokic o Gobert?
Sono due giocatori diversi: uno domina l’attacco, l’altro la difesa. Io avrei più paura del francese perché ti dà tanto anche in difesa, ti cambia i tiri e le penetrazioni. Sarà difficile per i nostri esterni andare dentro e fare dei lay up. Sarà importante avere grandi percentuali da tre, difendere e controllare i rimbalzi. Se non ricordo male furono proprio i rimbalzi d’attacco subiti nei minuti finali a condannarci l’anno scorso contro i francesi.
Dove può arrivare questa Italia?
Solo loro possono saperlo. Questo è certo. Siamo nella parte di tabellone più difficile ma in questo Europeo tutti possono vincere e perdere contro chiunque. Certo, ci sono le stelle come Jokic, Antetokounmpo e Doncic ma la Slovenia che ho visto non gioca con la stessa fluidità di quella che ha vinto l’oro nel 2017, poiché dipendono molto di più proprio da Doncic. E in Europa da solo non vinci la partita, devi essere sempre aiutato dalla squadra se vuoi portarla a casa.