Con il doppio appuntamento elettorale – regionali e nazionali – dietro l’angolo, in Sicilia la politica è tutta proiettata al futuro. Tra comizi e interviste a volte monche – come per Renato Schifani, che ha fatto sapere di non voler ricevere domande sul coinvolgimento nel caso Montante, per cui è a processo – i candidati sprizzano ottimismo e soluzioni ai tanti problemi dell’isola. Tra questi, quello dei rifiuti è senz’altro uno dei più cronici nonché la cartina al tornasole dei fallimenti dei governi succedutisi negli ultimi vent’anni.

Soltanto ieri, la Sicula Trasporti – società privata che nel Siracusano gestisce un impianto di trattamento dell’indifferenziato e che da due anni è amministrata dal tribunale di Catania, dopo uno scandalo su reati ambientali, corruzione e contiguità con la mafia – ha fatto sapere di essere prossima a innalzare le tariffe per i circa 150 Comuni che conferiscono. Il motivo sta nell’esigenza di compensare i maggiori costi che deriveranno dal massiccio trasferimento della spazzatura fuori regione e all’estero, in Olanda. Entro novembre, stando agli annunci, tra l’80 e il 90 per cento dei rifiuti che usciranno dall’impianto non saranno smaltiti nell’isola. Ciò comporterà per i Comuni un aumento fino a 365 euro a tonnellata del costo dei conferimenti e i sindaci sono pronti a chiedere alla Regione una mano d’aiuto.

Un’altra questione che sarà di competenza degli uffici regionali riguarda la discarica di Motta Sant’Anastasia, nel Catanese. Chiusa a giugno dopo che il Tar ha annullato il nulla osta ambientale ai proprietari di Oikos, non escludendo la possibilità che in questi anni i rifiuti siano stati abbancati anche in un terreno a destinazione agricola e mai autorizzato, nei giorni scorsi la società ha ottenuto dal Cga la sospensione dell’efficacia della sentenza, in attesa di esaminare nel merito il ricorso di secondo grado. Questo significa che la Regione potrebbe tornare a sfruttare le vasche di Motta per sopperire almeno in parte alle richieste di Sicula Trasporti.

A districare i nodi e a prendere decisioni – oltre all’assessora Daniela Baglieri, fresca di candidatura all’Ars con Forza Italia, e al governatore uscente Nello Musumeci, che correrà per il Senato con Fratelli d’Italia in un seggio che i più ritengono blindato – dovrebbe essere il dirigente generale ai Rifiuti Calogero Foti. Su quest’ultimo, però, da fine agosto pende un pronunciamento dell’Anac secondo cui il suo incarico “deve essere dichiarato nullo”. Il motivo sta in una condanna a un anno di reclusione che l’ingegnere ha ricevuto in primavera nel processo di primo grado per il cedimento del viadotto Himera. Il ponte che per oltre un lustro ha spezzato in due l’autostrada Palermo-Catania. Foti, allora di capo della Protezione civile regionale, e un dipendente di Anas sono stati ritenuti responsabili di omissione di atti d’ufficio, mentre per tutti gli imputati è stata disposta l’assoluzione dalla più grave accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti.

“Gli incarichi dirigenziali conferiti successivamente all’emissione di una causa di inconferibilità sono equiparati a quelli precedenti”, scrive l’Anac. Per l’autorità anticorruzione, durante il periodo di inconferibilità – “due anni nel caso in questione, ossia il doppio della condanna” – Foti dovrebbe poter svolgere solo incarichi “che non comportino l’esercizio di poteri di gestione e amministrazione al di fuori delle aree di rischio considerate più sensibili dal legislatore”. Nella nota si specifica che “è necessario quindi che Foti ricopra funzioni di studio o ricerca”.

Tuttavia non è semplice stabilire quali saranno le prossime mosse, e soprattutto quando e da chi verranno prese. Oltre al pensiero rivolto alle urne, da tenere in considerazione ci sono due aspetti: la prescrizione nel processo che vede imputato il dirigente scatterà a inizio del nuovo anno, mentre Foti, stando a quanto trapela dall’assessorato, ancora prima dovrebbe andare in pensione. Ilfattoquotidiano.it ha provato a contattare il direttore generale per una replica, senza riuscirci.

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