In mattinata erano arrivate le proteste dei sindacati: per Landini "atto indegno dei partiti contro i lavoratori". Bombardieri (Uil): "In questo momento di crisi non possiamo pensare che ci sia qualcuno che possa pensare di aumentare lo stipendio di chi guadagna 240mila euro l’anno". Nel primo pomeriggio di martedì fonti del governo hanno fatto sapere che Palazzo Chigi ha presentato un emendamento per sopprimere la discussa norma
Anche il presidente Sergio Mattarella, stando ad ambienti parlamentari, parlando con il premier Mario Draghi ha espresso perplessità sulla norma del decreto Aiuti bis che ha abrogato per i capi delle Forza armate e di Polizia ma anche per gli alti burocrati ministeriali il tetto di 240mila euro agli stipendi. Una norma “inopportuna“, secondo il capo dello Stato, in un momento in cui gli italiani stanno faticando per la crisi energetica. La notizia arriva dopo che il governo – che ieri aveva giocato allo scaricabarile con i partiti – ha fatto sapere di aver presentato un emendamento soppressivo che fa marcia indietro e reintroduce il limite. La commissione Bilancio della Camera l’ha subito approvato. Lo stesso dovrà avvenire in Senato dove il teso tornerà martedì 20 settembre in terza lettura per il varo definitivo.
In mattinata il blitz nelle Commissioni riunione in Senato aveva fatto salire sulle barricate i sindacati. Quell’emendamento “lo hanno votato tutti” e “questo è indegno contro lavoratori che hanno mandato avanti il Paese”, ha commentato il segretario della Cgil Maurizio Landini dal palco dell’assemblea dei delegati a Bologna. “Chi ha un reddito di 240 mila euro – ricorda Landini – non ha problema di pagare affitto, pagare le bollette, mentre il decreto aiuti dovrebbe aiutare chi non ce la fa ad arrivare a fine mese”. Sulla stessa linea l’intervento di Pierpaolo Bombardieri: “In questo momento di crisi così profonda non possiamo pensare che ci sia qualcuno che possa pensare di aumentare lo stipendio di chi guadagna 240mila euro l’anno”, afferma il segretario della Uil nel corso di una intervista. “Servirebbe anche verificare – conclude – se i dirigenti abbiano o meno raggiunto gli obiettivi considerato che nella pubblica amministrazione li raggiungono sempre tutti a prescindere da quello che fanno”. Intanto nel primo pomeriggio di martedì fonti del governo hanno fatto sapere che Palazzo Chigi ha presentato un emendamento per sopprimere la tanto discussa norma.
Tutto questo mentre rimane il giallo sulle origini del provvedimento. “C’è stato un guaio, non abbiamo capito per responsabilità di chi. Un guaio assoluto e totale, uno schiaffo. Lo cambieremo, andrà cambiato”, ha detto il segretario del Pd Enrico Letta prima che intervenisse il governo. Giuseppe Conte punta il dito proprio contro Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia che in aula hanno votato a favore di quella norma che definisce “vergognosa”. A fare un po’ di luce sui passaggi è il firmatario di quell’emendamento, il senatore Marco Perosino di Forza Italia. “Non è chiaro cosa sia successo al mio emendamento ha fatto il giro dei ministeri e poi è arrivata la riformulazione nelle commissioni riunite…”, spiega al Fatto Quotidiano (oggi in edicola) il senatore Fi.
Il testo originario prevedeva la deroga al tetto sugli stipendi solo per le forze di polizia, carabinieri e amministrazione penitenziaria. Poi però è arrivata la novità. Il ministero dell’Economia, guidato da Daniele Franco, lo ha inserito tra gli emendamenti da “riformulare” e nella riformulazione sono state inserite tutte le altre figure ministeriali: cioè i capi dipartimento dei ministeri, il segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri e i segretari generali dei ministeri. Diventa pertanto difficile da decifrare quel “disappunto” fatto filtrare da Palazzo Chigi che, poche ore dopo l’approvazione in Aula, ha relegato la deroga a una “dinamica squisitamente parlamentare” e di intesa tra i partiti, provocando la reazione e le critiche di quasi tutti i soggetti politici, anche di Partito democratico e Italia viva, che in aula (insieme a Forza Italia) hanno votato a favore. Astenuti Fratelli d’Italia, Movimento 5 stelle e Lega.
Su questo punto interviene anche il sindacato dei carabinieri: “Se è vero che Draghi non era a conoscenza di questo colpo grosso, allora dovrebbe immediatamente sostituire tutti gli alti dirigenti che, attraverso un senatore, hanno messo in difficoltà l’intera compagine governativa” dichiara in una nota Davide Satta, segretario generale aggiunto dell’Unione sindacale italiana carabinieri (Usic). “Siamo certi che dopo due giorni tutta questa polemica finirà nel dimenticatoio – continua – e avremo dirigenti sempre più ricchi e dipendenti dello Stato ancora più poveri”. “Merito e responsabilità devono essere retribuiti adeguatamente, ma i modi e i tempi di questa norma appaiono molto discutibili. Innanzitutto perché inseriti nel decreto sostegni che dovrebbe fornire, in emergenza, aiuti alle famiglie e alle imprese mentre sembra che l’aiuto sia per pochi privilegiati”, afferma Stefano Paoloni, segretario generale del sindacato autonomo di Polizia (Sap). Stessi toni quelli di Donato Capece, segretario generale del Sappe, sindacato autonomo Polizia Penitenziaria: “E’ a dir poco scandaloso che, mentre i poliziotti penitenziari rischiano ogni giorno la vita in carcere per poco più di mille euro al mese rappresentando lo Stato nella pericolosa prima linea delle sezioni detentive, vi sia chi ha predisposto e fatto approvare un emendamento al decreto Aiuti bis che deroga al tetto dei 240 mila euro per i dirigenti pubblici. Tutto questo è vergognoso!”.