“È stata colpa mia, non lo dovevo mandare in garage per mettere in salvo l’auto. Se fossi tornata a casa dal lavoro più tardi, se non fossi stata in casa lui non sarebbe sceso e adesso Andrea sarebbe qui con me. Lui, mio marito e un vicino sono morti come topi dentro quel garage”. Adriana Pianelli non ha ancora pienamente metabolizzato la doppia tragedia che l’ha colpita: in pochi secondi il fango e l’acqua le hanno portato via suo figlio, 25 anni compiuti l’8 settembre scorso, studente universitario di ingegneria meccanica alla Politecnica di Ancona, e suo marito Giuseppe. “Prima sono salita un attimo in casa e ho visto la stanza di Andrea, i vestiti e ci ho messo un attimo a realizzare che lui non c’è più”, racconta Pianelli, visibilmente scossa.
“Andrea stava guardando la partita di calcio su Sky“, torna a quei momenti drammatici di ieri sera la signora Pianelli. “Io sentivo un rumore assordante lato fiume, mi sono affacciata alla finestra e ho visto l’impeto d’acqua. Allora gli ho detto di andare in garage per salvare la 500. Nel frattempo dal circolo è arrivato mio marito, Giuseppe, e in due sono scesi dentro il garage e nel giro di pochi secondi un fiume d’acqua è entrato dentro il garage. Andrea era riuscito inizialmente a tirarla fuori l’auto, poi si è spenta e la corrente l’ha trascinata giù di nuovo. Non li ho più visti. Chiamavo i vigili del fuoco e urlavo ciò che stava accadendo, ma non arrivava nessuno. Non voglio fare attacchi, ma è possibile che non sia stato dato alcun allarme maltempo?”. E infine un ricordo di Andrea: “Era bello, bellissimo e non lo dico perché sono la madre. Quando lo spronavo a velocizzare il percorso di studi, di arrivare alla magistrale dopo la laurea triennale, lui con la solita calma serafica mi diceva ‘Stai tranquilla mamma, con calma, vedrai che arriverò in fondo’. Non me lo dovevano portare via, nessuno avrebbe dovuto toccarlo”.
Mentre Adriana Pianelli racconta la sua tragedia, in una panchina davanti allo stesso edificio c’è la moglie di Diego Chiappetti, l’altro pensionato travolto dal fango dentro il garage maledetto. Lei, al contrario della vicina, non riesce a parlare e a ricordare, è distrutta e può a malapena chiamare il nome del compagno di una vita che non c’è più. Spostandosi verso la statale Arceviese si arriva all’altezza dell’edificio più vicino al fiume Misa, esondato in vari punti allagando un’intera valle. Nella palazzina, a piano terra, viveva Nando Olivi, proprietario dell’intero immobile: “Non siamo riusciti a intervenire per salvarlo, l’onda di acqua e fango piombata su di noi lo ha travolto riempiendo l’appartamento” racconta la figlia di Olivi. Meno disposto a trovare spiegazioni è il nipote del pensionato: “Qualcuno dovrà darci delle spiegazioni per quanto accaduto, in questo Paese dove nessuno paga mai per gli errori commessi”, attacca il giovane, lui stesso ferito per cercare di strappare il nonno da quella casa travolta dal fango. “Se qualcuno avesse dato l’allarme a quest’ora nonno sarebbe vivo. La politica fa schifo. Nonno ha fatto volontariato per trent’anni e questo è il risultato e il ringraziamento. Nessuno lo ha salvato e nessuno si è presentato, nonostante l’uso dei social. Chi è preposto a fare i controlli e non si è presentato si deve vergognare. Agli amministratori comunali, se hanno dei figli o famigliari, dico di riflettere prima di fare le cose: la stessa cosa un giorno potrebbe succedere a loro e allora forse potranno immaginare cosa sto passando adesso”.
Nel vicino comune di Trecastelli (l’unione di tre cittadine che alcuni anni fa si sono messe assieme), in frazione Passo Ripe, la tragedia ha colpito la famiglia Sereni, residente in una villetta di via Galilei. L’emergenza ha colto di sorpresa anche loro e a pagarne il conto più tragico è stata la signora Marisa, 80 anni: “Quando è arrivata l’ondata di pioggia ci siamo tutti messi in moto per cercare di limitare i danni”, raccontano i due figli, titolari di una piccola autorimessa attigua alla loro casa. “È successo tutto in pochi secondi, nostra madre si trovava nella cucinetta di servizio al piano terra e non ce l’ha fatta a scappare, a uscire da quella stanza. La furia dell’acqua le ha chiuso la porta rendendo impossibile aprirla sia da dentro che da fuori. Non c’è stato nulla da fare, la chiamavamo ma lei non ha mai risposto e solo quando l’ondata di acqua è finita abbiamo potuto recuperare il suo corpo”.
La frazione di Pianello di Ostra ha pagato il pegno più drammatico, ma le vittime avrebbero potuto essere molte di più, compreso Enrico Raffaeli: “Se non mi fossi aggrappato alla recinzione di quella finestra al primo piano, l’onda mi avrebbe travolto e portato via come le decine di auto, trasportate come giocattoli dalla furia d’acqua e fango. L’alluvione è partita due ore prima a monte, oltre Serra de’ Conti (un comune a est, verso l’interno, ndr), 15-20 km da qui, e stava correndo giù verso di noi, ma nessuno ci ha avvisato. Ero uscito per salvare il cane che era uscito e temevo potesse venir travolto. Soccorsi? Non abbiamo visto nessuno, solo i vigili del fuoco di passaggio verso altri interventi per salvare chi era ancora intrappolato. Se non ci fossero venuti in soccorso alcuni volontari dai comuni vicini saremmo rimasti soli a spalare qui”.