Ammetto: ormai non provo quasi più dolore di fronte a notizie di uomini e donne morte per alluvioni, piogge estreme. Né mi fanno più impressione macchine travolte dall’acqua, paesi distrutti. Non provo dolore, perché la rabbia è più forte. E perché, al tempo stesso, tutto ciò di cui viene data notizia sui giornali era ampiamente previsto. Si trattava solo di sapere dove esattamente sarebbe successo.

E’ tutto matematico, è tutto semplice, lo capirebbe anche un bambino: se le temperature estive sono state oltre la media anche di otto gradi, se abbiamo avuto un’ondata di calore durata due mesi, se la temperatura dei nostri mari è salita in maniera esponenziale, ebbene tutto ciò vuol dire che c’era una energia in circolo in eccesso che prima o poi si sarebbe scaricata con violenza. D’altronde, all’alternanza tra mesi di caldo estremo e piogge che in mezza giornata scaricano l’acqua che un tempo si sarebbe avuta in sei mesi siamo abituati. Sono anni che accadono questi fenomeni.

Eppure. Eppure se apri oggi i giornali vedi che tutto questo si chiama ancora “maltempo”. Parola vuota che ormai non significa nulla e che soprattutto continua ad assegnare una sensazione di casualità a ciò che casuale non è. Perché è la conseguenza fisica dell’immissione di anidride carbonica in atmosferica e dunque, lo sanno anche i muri, ha a che fare con la crisi climatica, con l’emergenza climatica, che qualcuno comincia a chiamare anche direttamente ecocidio. Ieri sono capitata sul profilo di Greta Thunberg e ho visto che accanto alla sua breve definizione c’è scritto “born at 375 ppm”, che è la quantità di anidride carbonica che c’era in atmosfera quando lei è nata. So che molti attivisti cominciano a mettere questo dato e lo trovo semplicemente geniale, espressione di una consapevolezza profonda del problema climatico.

Quella consapevolezza totalmente assente nel panorama politico e in questa campagna elettorale dove si parla solo di energia. Come se l’energia non fosse legata alla questione della dipendenza dai fossili e dalla mancanza di indipendenza data solo dalle rinnovabili. Come se la nostra dipendenza dai fossili non fosse la causa di queste sciagure. Sciagure che non bastano mai. Non sono bastati i dieci morti sulla Marmolada, non basteranno i probabili 15 morti, 11 sicuri, 4 dispersi, di questa tragedia del clima. Purtroppo, i morti sono inutili se non si è in grado di vederli, ovvero di capire di che cosa sono morti. Eppure ormai dovremmo avere un contatore che mette una dietro l’altra le morti per clima. Come i tantissimi anziani o malati che questa estate sono letteralmente morti di caldo: la mortalità è aumentata del 21% a luglio, molto più del Covid, eppure un dato del genere è stato derubricato dai giornali in un sommario.

Molti scienziati in queste settimane hanno chiesto alla politica di mettere il clima nei programmi, molti scienziati hanno analizzato i programmi dando le pagelle su ambiente, energia e clima. Lunedì, ad esempio, ci sarà un importante incontro tra scienziati e principali esponenti politici sull’ambiente. I Fridays for Future, e in parte anche Extinction Rebellion, stanno a loro volta incontrando gli esponenti dei partiti (seguiti proprio da noi, come Fatto Quotidiano). Ma si capisce che molta di questa risposta è data, da parte dei partiti, dalla volontà di farsi vedere su questi temi, anche per cercare il voto giovanile. Cosa accadrà dopo le elezioni non sappiamo, ma se verrà confermata la probabile vittoria di Giorgia Meloni per il clima sarà un brutto clima: le rinnovabili andranno avanti per necessità, ma senza la spinta necessaria, si formerà un gruppo di ricerca sull’atomo che ovviamente non farà nulla ma si spenderanno tempo e soldi, infine si spingerà moltissimo su carbone e gas. Soprattutto, non avremo politici che parleranno di emergenza climatica e di crisi climatica, politici che d’altronde non abbiamo mai avuto.

Sui giornali si continuerà a parlare di clima, in maniera però contraddittoria, scomposta. Nei talk show il clima sarà ignorato come è sempre stato, d’altronde perché accusare i politici di non aver parlato di clima in questa campagna elettorale se non c’è stato un solo programma, dico uno solo, che abbia posto domande incalzanti su clima ed ambiente? I giornalisti in tv sono sempre gli stessi, direttori dei soliti giornali, una sorta di vero e proprio pensiero unico, nonostante dichiarino le loro differenze.

Ecco, sarebbe ora che facessero un passo indietro, che lasciassero la parola agli scienziati e ai giovani, e meno giovani, attivisti sul clima. Gli unici che di maltempo non parlano. Gli unici che guardano, esattamente come tutti quelli che si occupano di clima, a questa ennesima tragedia con rabbia senza pari. Perché no, non è caduto un asteroide sulla terra. È successo quello che sta scritto su talmente tanti report scientifici che c’è tra chi, tra gli scienziati, vuole fare uno sciopero delle pubblicazioni sul clima e magari smettere di studiare e scendere in piazza. A questo siamo ridotti.

Intanto, ci sono famiglie distrutte per sempre, a cui nessuno darà un risarcimento. Perché sono morti, appunto, per maltempo, non per una crisi che ha precisi responsabili, tra cui lo Stato italiano. Stato che non protegge i suoi cittadini dalla più grande emergenza del presente e del futuro.

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