di Gabriele Carcano*

Ho ripreso a scrivere per terapia, con lo scopo di colmare la mia ansia. L’ho osservata, attentamente, con calma, ogni volta che sento il cuore in gola. Spesso accade all’inizio di una tempesta, mentre i miei due piccoli cani si riparano mugolando ai piedi del letto. E ho compreso: sono affetto da “CCA”, patologia diagnosticata nel XXI secolo, un acronimo che sta per “Ansia da Cambiamento Climatico” ovvero “Depressione Climatica”. Chiamiamola “Ecoansia”.

Diffusa come una pandemia (ne soffre in tutto il mondo il 45% dei giovani dai 16 ai 25 anni) si mostra con un deterioramento emotivo, cognitivo e compromissione funzionale (Clayton & Karazsia, 2020). Viene associata al “disturbo d’ansia generalizzato (Gad)” e al “disturbo depressivo maggiore (Mdd)”. In verità non mi preoccupo, dai sintomi ritengo che sia leggera, e poi ho quasi settant’anni. Però so bene che in una qualsiasi malattia prima si reagisce e meglio è. Devo fare qualcosa.

Sono farmacista dal 1977, conosco tutte le sostanze per affrontare i sintomi di una malattia, ma in questo caso non per guarirne, semplicemente per nascondere i fastidi e abbandonarmi alla rassegnazione. Ovviamente i farmaci sono di enorme aiuto, tradirei la mia scienza se non lo ripetessi con grande sicurezza. Ma intanto bisogna “andare sempre alla ricerca dell’origine di una discrasia”, tradirei Ippocrate se non lo citassi con riverenza. Ecco il segreto: “Andare all’origine!”, antica e saggia pratica di ogni medicina, anche della nostra se non l’avessimo dimenticata e forse ostracizzata, perché “Se il paziente guarisce si perde il cliente” (Ficarra e Picone).

Stavolta sono fortunato: l’origine di questa patologia è ben conosciuta. Il recente rapporto Ipcc è chiaro: “la CCA sta già danneggiando la salute delle persone, ovunque, la nostra casa sta bruciando”. Dice però che non è un “disturbo mentale”, cioè una patologia dalla quale bisogna guarire, ma “una naturale risposta, sana e costruttiva, di fronte ad una minaccia totale”. Questo mi piace, vuol dire che in fondo sono una persona sana e costruttiva e sarei più grave se non ne soffrissi. D’accordo, ma allora cosa bisogna fare, qual è la cura?

Ho fatto la mia ricerca e ho scoperto che il “farmaco giusto” potrebbe avere lo stesso acronimo della malattia: “CCA”, inteso come “Conoscenza, Consapevolezza, Azione”. Informarsi, elaborare, fare qualcosa, anche una piccolissima cosa ogni giorno, un minimo gesto a favore dell’Ambiente, una carezza a questa nostra Madre Terra che ci nutre da 25.000 millenni e forse stavolta s’è incazzata davvero. Forse rivolgerle ogni tanto una preghierina potrebbe ammansirla.

Una piccola azione può essere utile al cambiamento climatico, si dice infatti che tante gocce possono formare un mare, ma far poco (il problema è così grave che dovrebbero pensarci seriamente i governi). Qui è soprattutto importante la mia salute e la migliore medicina è la CCA. Per questo motivo ho deciso di scrivere di nuovo qualcosa di “naturale”, così come viene. Non tengo a clic e follower, la mia è un’azione arteterapeutica puramente egoista. Ma egoisticamente potete anche dirmi la vostra (cantieresalute@gmail.com). Farebbe bene a entrambi per non sentirci soli.

*Titolare Farmacia Olistica Fiuggi, Pres. APS CantiereSalute, istruttore TaiJiQuan, Arteterapeuta.

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