Il Covid sembra ci stia abbandonando e i nostri politici si stanno dimenticando della sanità. Ho letto un bellissimo articolo su Il Sole 24 Ore del 4 settembre che fa un riassunto dettagliato di tutte le dimenticanze e le incongruenze ponendo la sanità al centro.
“È la grande assente di questa campagna elettorale. Dopo oltre due anni di pandemia e la retorica degli ‘angeli’ in camice bianco la sanità è stata dimenticata dalla politica che sembra concentrare i suoi slogan solo su caro bollette, tasse e pensioni. Eppure dopo lo tsunami del Covid le grandi fragilità del Servizio sanitario nazionale sono venute a galla e sono lì davanti agli occhi di tutti. E se il Pnrr rilancia gli investimenti in infrastrutture, manca l’investimento nell’infrastruttura più importante, quella che regge in piedi tutto il Ssn: medici e infermieri. La nuova sanità territoriale del Pnrr rischia di aprire scatole vuote (case e ospedali di comunità) senza fondi sufficienti per le assunzioni, mentre non si capisce ancora quale ruolo avranno i medici di famiglia, sempre di meno e ‘marginalizzati’ dal Covid. A conti fatti servono oltre 80 mila operatori (tra medici e infermieri) che non si possono assumere perché c’è un tetto alla spesa da oltre 15 anni, con gli ospedali sempre più in crisi ora che c’è da recuperare le liste d’attesa e con i pronto soccorso vicini al collasso. E così c’è chi come la Liguria ricorre alle cooperative o chi come la Calabria ai medici cubani. Senza contare il capitolo formazione: manca una programmazione dei posti mentre si insegue la sirena dell’abolizione del numero chiuso a medicina e non è chiaro con quali competenze si gestirà la nuova sanità digitale. Insomma, l’allarme rosso continua a suonare ma paradossalmente dopo la pandemia nessuno ha più voglia di sentirlo.”
Ora cercherò di contrapporre alcuni dei punti elencati, e dimenticati, con le mie idee. “Approvata la riforma con gli standard del territorio prevista dal Pnrr che investe sette miliardi. Si stanno aprendo i cantieri delle nuove strutture – case e ospedali di comunità – che cominceranno a curare i primi pazienti già dal 2023, con le cure a casa che dovranno raggiungere il 10% degli over 65.” Peccato che poi mancano i fondi per i nuovi medici di famiglia, che hanno affrontato spesso in modo non idoneo il periodo pandemico soprattutto in alcune aree del paese dove sono molto carenti. Io opterei per l’aggregazione dei medici di un distretto ospedaliero presso padiglioni vuoti, ma all’interno di strutture esistenti, in modo da riportare la medicina del territorio da privata accreditata a pubblica in reparti di primo intervento a disposizione dei cittadini 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Si rischia altrimenti di costruire nuove strutture che rimarranno vuote.
“Dopo anni di imbuto formativo (poche borse di specializzazione per i laureati in medicina) da tre anni si è invertita la rotta: ora per il futuro sono previsti 12 mila posti per specializzarsi a fronte, quest’anno, di 15 mila ingressi al corso di laurea in medicina.” Io credo che studiare medicina sia molto difficile e la carenza di medici sia ormai evidente. La selezione naturale limita il raggiungimento della laurea e della specializzazione. Libererei l’accesso alla facoltà mentre limiterei l’afflusso alle specializzazioni in relazione al fabbisogno locale.
“Il Pnrr investe un miliardo nella telemedicina e 1,38 miliardi per far decollare il fascicolo sanitario elettronico, che dovrà contenere e rendere disponibile entro il 2025 tutta la storia medica del paziente online.” Quanti soldi buttati anche in questo caso senza voler portare i dati sanitari in mano al paziente con una spesa ben più limitata con History Health. I dati sarebbero disponibili in qualunque parte del mondo e certificati dall’impronta digitale dell’operatore sanitario e del cittadino ogni volta che viene a contatto con la salute e con la malattia. A questo aggiungerei la necessità obbligata che le strutture pubbliche e private accreditate debbano essere in competizione fra loro ma partendo dallo stesso punto. Oneri e onori identici, scelte di utilizzo di reparti non in base al Drg che viene corrisposto per far quadrare i conti ma distribuiti in modo uniforme a seconda delle necessità del cittadino.
Pronto soccorso e rianimazioni non solo di pertinenza maggiore nelle strutture pubbliche ma equiparati nel privato in cui, come detto, la prima selezione viene fatta dai medici di base dipendenti di reparti ospedalieri e utilizzati in modo turnistico come i colleghi specialisti. Si potrebbe fare molto partendo da un presupposto: così sta andando male, cambiamo. Si potrebbe fare molto partendo da un altro presupposto: utilizziamo i soldi del Pnrr, che dovremo restituire, ma facciamo riequilibrare le spese, e i guadagni, anche ai privati che vogliono investire in sanità che spesso hanno utili enormi. Senza alcun tipo di controllo non è giusto che sia sempre il pubblico vero ad essere in sofferenza. Il prossimo ministro della Salute sarà un medico che voglia affrontare da esperto la situazione? Questa resta l’unica speranza.