Una storia di presunte molestie si abbatte su Palazzo Madama. Ieri il sito Fanpage ha dato voce a una donna che accusa il senatore Matteo Richetti di aver preteso rapporti sessuali in cambio di un lavoro. Non fa il nome del politico, lo farà Carlo Calenda. In serata il leader di Azione dirama una nota in cui difende il suo candidato: “Da un anno ha denunciato alla magistratura e alla polizia postale attività di stalking e minacce riconducibili a una donna già nota alle forze dell’ordine. Attraverso messaggi contraffatti, finti account social e telefonate, la persona in questione sta molestando da mesi il senatore e la sua famiglia. Tutto il materiale è in mano alla magistratura”.

In realtà quel materiale rotolava da mesi, come un sasso, in diverse redazioni. Dagospia fu il primo a lanciarlo, ritraendo la mano quando si trattò di scrivere il nome del politico, forte di una testimonianza credibile ma non supportata da una denuncia. Ora Fanpage lo rilancia con una video-inchiesta in cui la presunta vittima parla a volto coperto. Anche il Fatto, come altre testate, aveva seguito la segnalazione cercando testimonianze e conferme. Un’altra ragazza, trincerata dietro nickname, riferiva di aver conosciuto Richetti nel 2013 quando era nei “dem”, e di averlo seguito anche nella sua avventura di “Harambee”, l’associazione da lui fondata nel 2018. In occasione di un evento in Umbria Richetti avrebbe fatto avances molto pesanti: “Mi voleva toccare il seno e non ho voluto. Lui mi ha mandata via. La sua violenza è di gran lunga peggiore di quella fisica. Un livido va via, l’umiliazione no”. Episodi che avrebbero riguardato anche “altre ragazze”. Alla richiesta di dare certezza alla sua identità o di un incontro, con impegno a tutelarla, scompariva nel nulla cancellando account e conversazione.

A fine novembre il Fatto contattò comunque Richetti. Lui bollò le accuse come “calunnie”, senza far riferimento a sue denunce, probabilmente successive alla telefonata: “Avrei avuto degli approcci con delle donne, una roba per me da diffamazione. Non esiste che io parli della mia vita privata, sono un padre di famiglia. Ci sono diversi strumenti per danneggiare la reputazione delle persone, soprattutto quelle che non hanno nulla da temere sul piano delle scelte e dei comportamenti. Gli resta solo l’invenzione”. Il racconto della donna a Fanpage è lo stesso ma Richetti ora non risponde più e neppure Calenda, che dopo un messaggio via whatsapp diramerà la sua nota.

Parte da un episodio clou che sarebbe avvenuto il 16 novembre scorso a palazzo Cenci, nell’ufficio Richetti. “Per un mese mi ha promesso un incarico nella Direzione nazionale sugli esteri, sembrava una bella opportunità, ma una volta nel suo ufficio mi ha molestata fisicamente e io sono scappata via”. Dal cellulare di Richetti sarebbero poi partiti messaggi morbosi ed espliciti nel legare a doppio filo opportunità di carriera e disponibilità sessuale. La presunta vittima scriveva: “Dove pensi possa dare un sensato contributo al partito?” e l’altro avrebbe risposto: “Sotto di me o pure sopra… se preferisci”. E una volta respinto: “Ma smettila di fare la perfettina, se non volevi che ci provavo non ti mettevi la gonna, che era un chiaro segnale, ti mettevi i pantaloni e facevi la frigida. Con questi movimenti femministi del cazzo vi siete tutte montate la testa”. La donna riferiva di aver meditato a lungo se denunciare le molestie e di non averlo poi fatto perché temeva di non essere creduta, e che il giudizio e l’attenzione pubblica si sarebbero concentrati sulla vittima anziché sull’aggressore.

Racconta anche di presunte intimidazioni del senatore quando minacciò di denunciarlo. In un sms le avrebbe scritto: “Sì, certo, denunci un senatore con l’immunità. Stai perdendo l’uomo e l’occasione della tua vita”. Poi nella storia i poliziotti arrivano davvero, ma a casa di lei: è il senatore che l’ha denunciata per diffamazione e stalking, L’anticrimine, su mandato della Procura di Roma, fa una perquisizione domiciliare e personale. “Non abbiamo niente in mano, l’ha fatto per darti una lezione”, avrebbe riferito il capo ispettore. La donna racconta poi di essere andata al commissariato di zona per capire di cosa si trattasse e che il vice ispettore le avrebbe confermato così l’anomalia dell’episodio: “I politici alzano il telefono e fanno quello che vogliono. Chi c’ha il potere si sente autorizzato dall’alto del suo piedistallo”. La conferma arriverebbe da un audio registrato. Un vice capo della Polizia avrebbe ceduto alle pressioni del politico per velocizzare l’iter della denuncia e arrivare alla perquisizione in tempi brevissimi. I commenti del pubblico ufficiale sarebbero stati di questo tenore: “Perché sei andata con la gonna a quell’appuntamento?”. Dopo l’incontro, il vice ispettore le invia una mail, le dice di tranquillizzarsi e aggiunge una postilla: “Comunque sei uno spettacolo”. Anche per questi episodi la donna avrebbe deciso di non denunciare alle forze dell’ordine le molestie subite.

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