In questo breve post vediamo quale è la situazione che vede la sempre crescente frequenza di attacchi israeliani alla Siria: non è solo il numero ad essere aumentato ma anche e soprattutto la caratura degli obiettivi strategici. Gli attacchi israeliani indicano chiaramente che Israele prende di mira gli interessi, le milizie e l’arsenale dell’Iran in Siria piuttosto che l’esercito siriano stesso.
Con il tempo, la Siria è diventata un campo di guerra per procura, all’interno dello scenario più ampio del conflitto iraniano-israeliano.
Le operazioni israeliane in Siria stanno diventando più sofisticate e sono il risultato di colossali sforzi di intelligence contro le manovre dell’Iran e di Hezbollah. Questo sviluppo è stato ulteriormente rafforzato dal fatto che la presenza russa in Siria non ha influenzato la capacità o la volontà di Israele di attaccare l’Iran in Siria. Inoltre, anche i recenti attacchi a siti strategici come aeroporti e porti e obiettivi principali vicino alle postazioni militari russe in Siria hanno avuto un incremento, senza che questo abbia implicato alcuna reazione russa o siriana che sicuramente non limita né tantomeno impedisce a Israele di aumentare la sua strategia di intervento. Attraverso l’adozione di tali strategie e tattiche Israele sta trasformando la Siria in un terreno di conflitto aperto per procura, che lo aiuta a eliminare i rischi interferendo nelle primissime fasi dell’aumento dell’uso iraniano delle linee di rifornimento aeree per fornire armi ai suoi alleati in Siria e Libano.
Anche se Israele insiste sul fatto che i suoi attacchi prendono di mira solo l’attività iraniana e di Hezbollah e non l’esercito siriano, la maggior parte degli attacchi israeliani mira a indebolire le capacità difensive siriane e a interrompere qualsiasi consegna di armi iraniane a Hezbollah in Libano.
Questa situazione potrebbe essere interpretata come una tattica israeliana per non dare alla Russia alcun alibi per agire mentre tiene aperte le porte alla Siria con i negoziati per il rilancio dei colloqui di pace congelati dal 1997, soprattutto con l’inaugurazione di una nuova fase di pace tra Israele e gli arabi. Una nuova fase che include anche i paesi del Golfo, in particolare gli Emirati Arabi Uniti che intrattengono ottime relazioni sia con la Siria sia con Israele e che potrebbero percepire questa situazione come un’opportunità per agire da mediatore, un ruolo che darà a questa piccola monarchia del golfo uno status di importanza regionale. L’attuale situazione in Siria è decisamente critica, soprattutto considerando la ricomparsa del terrorismo nella parte meridionale del Paese, senza dimenticare le condizioni in cui versa il nord est. Oltre al rischio di una nuova ondata di terrorismo nella capitale Damasco che potrebbe ulteriormente deteriorare la situazione esistente caratterizzata da forti difficoltà che potrebbero bloccare ogni possibilità di risoluzione per la crisi in Siria.
Mentre gli attacchi israeliani potrebbero non diminuire né di numero né rispetto agli obiettivi, il flusso di armi dall’Iran ai suoi alleati e il successo nel consegnare queste armi a vecchi o nuovi alleati in Libano potrebbero essere visti dagli iraniani come una delle tattiche più efficaci per contrastare l’aggressiva campagna militare e di intelligence israeliana. Pertanto, si prevede un’ulteriore escalation nella guerra per procura con entrambe le parti che identificheranno la Siria come la principale area di confronto.