Per il settimo centenario della morte di Dante Alighieri, l’etichetta austriaca Kairos, versata nel campo della musica contemporanea, ha pubblicato un cd dedicato alle Musiche per il “Paradiso” di Dante di Salvatore Sciarrino (0015119KAI). È la prima registrazione di un’opera straordinaria, dovuta a uno dei massimi compositori d’oggi. È stata effettuata dall’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius, solisti Andrea Biagini (flauto), Lorenzo Gentili-Tedeschi (violino) e Garth Knox (viola e viola d’amore). Questa creazione del compositore palermitano, nato nel 1947, risale al 1993. Ma già nel 1981 Sciarrino si era rivolto alla Comedia scrivendo le musiche per la Lectura Dantis tenuta da Carmelo Bene a Bologna, un anno dopo la tremenda strage della stazione.

Le Musiche per il Paradiso sono strutturate in tre parti. La prima, breve, è “Alfabeto oscuro”. Il suono degli strumenti rasenta l’afasia: sembra quasi che si sforzino di articolare rare voci che esprimano qualcosa di indicibile. La parola si liquefà di fronte alla sgomentevole grandezza dell’infinito. È una musica intessuta di sussurri: bisogna tendere l’orecchio per percepirla, per gustarne l’enigmatica esilità. La seconda parte, “L’invenzione della trasparenza”, dura più d’un’ora, immersa nell’alito che spira su vette vertiginose. Il movimento, qua e là rotatorio, s’intensifica: screziati e cangianti, gli amalgami sonori mutano, quasi si volessero impossessare della trasparenza, aggirandola da più lati. Nella terza parte, “Postille”, breve anch’essa, predomina il suono inframmezzato da fruscii, da esplosioni subito ritratte: lo sguardo sbigottisce al cospetto della divinità, in un luogo pervaso da una luce abbagliante dove la comunicazione umana non ha più ragion d’essere. Magnifica l’esecuzione dell’Orchestra di Padova e del Veneto e dei tre solisti sotto la magistrale bacchetta di Angius.

Val la pena ricordare che da anni l’Orchestra di Padova e del Veneto ha avviato un vasto progetto di perlustrazione della musica italiana dal secondo dopoguerra in qua. Le uscite hanno superato quota sessanta: altri quattro cd sono dedicati a Sciarrino, accanto a compositori come Luigi Dallapiccola, Camillo Togni, Michele Dall’Ongaro.

Il 2 aprile 2001 Giuseppe Sinopoli dirigeva l’Aida alla Deutsche Oper di Berlino. Durante il terz’atto si accasciò sul podio: infarto. Inutili i soccorsi, il maestro spirò poco dopo. Aveva 55 anni, era nato a Venezia il 2 novembre 1946, era ospite dei massimi teatri, in particolare nel mondo tedesco. Era stato allievo di Franco Donatoni e assistente di Bruno Maderna. Lettore appassionato, conoscitore di letteratura e filosofia, laureato in Medicina e Chirurgia, si sarebbe di lì a poco laureato in Archeologia: la laurea gli fu conferita post mortem dalla Sapienza di Roma. Prima di diventare direttore a tutto campo era stato compositore (per gli editori Suvini Zerboni e Ricordi). Proiettato nella Mitteleuropa, coltivava un forte legame intellettuale e morale con la Sicilia: figlio di un messinese, nella città dello Stretto visse dai quattro ai diciassette anni.

Ora, nel ventennale della scomparsa, il Coro Lirico Siciliano ne ha voluto onorare la memoria con la prima registrazione discografica delle sue composizioni cameristiche e vocali giovanili, dal 1963 al 1978 (Da Vinci Classics, cd C00585, gennaio 2022): le eseguono i soprani Chiara Polito e Galina Ovchinnikova, il tenore Alberto Munafò Siragusa (che presiede il Coro Lirico), il pianista Francesco Allegra e il Bellini String Quintet; dirige Francesco Costa. Il cd reca il titolo Manchmal, foglie che il vento non tocca. Il riferimento è a una composizione corale del 1978 che si rifà ai versi di Rainer Maria Rilke, “Manchmal geschieht es in tiefer Nacht, / daß der Wind wie ein Kind erwacht…” (Nel colmo della notte, a volte, accade che si risvegli, come un bimbo, il vento…).

Sono musiche fascinose, spesso miniaturistiche, che palesano la perizia del giovane artista, il rigore della formazione, il coraggio nel proseguire su percorsi già tracciati ma impervi. Si senta Popule meus (1963): la polifonia, severa, svela un saldo possesso della tecnica del contrappunto nel compositore diciassettenne, che combina grandezza d’impostazione, nobiltà d’eloquio, dolcezza di impasti vocali. Ma si gustino anche la finezza della Lirica per soprano e pianoforte (1964) dedicata a Daniela Mazzucato, o le cellule musicali di Momento per pianoforte (1964): bassi talvolta fragorosi si alternano agli acuti squillanti, e nel giro di due minuti e mezzo si succedono silenzi interrogativi e atemporali sospensioni. Mature le composizioni degli anni ’70, in particolare Klangfarben (1970), bellissimo, per quintetto d’archi, intessuto su una serie tratta da Riccardo Malipiero, non senza allusioni ad Alban Berg e ad Anton Webern: si gioca col colore, con le sonorità; spiccano gli interventi esasperati del primo violino e del violoncello, su uno sfondo di mormorii profondi e intensi sprazzi cantabili.

Un cd prelibato, impreziosito dalle note di commento di Dino Villatico nel booklet.

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