Una montagna di vecchi rifiuti crollata a mare. Una lattina di Fanta degli anni ’70-’80, di quelle con il lembo che viene via in un colpo secco verso il braccio, giace adesso sul fondale di spiaggia lunga a Stromboli, assieme ad altri detriti, tutti datati. Un fondale vintage, si potrebbe scherzare, se non fosse un serissimo danno ambientale: una vecchia discarica interrata, usata tra gli anni ’50 e ’80, piena di frigoriferi, batterie, scaldabagni e tettoie in eternit. Tutto venuto giù a invadere il fondale e la spiaggia più anelata dell’isola, quella giù in fondo alle abitazioni, a Piscità, nella parte più riservata e più colpita dall’alluvione del 12 agosto. Questo è il primo disastro elencato da Alessandro Wegner, 37 anni, di sangue siculo, napoletano e tedesco. Vive da 15 anni tutto l’anno a Piscità, nella casa che 70 anni fa comprò suo nonno, il noto scrittore Armin Wegner (l’unico a immortalare in foto il genocidio in Armenia): “Una lunga striscia di detriti ha rovinato il nostro mare” indica lui che il mare di Stromboli lo conosce bene, facendo assistenza a mare alle barche da diporto. Solo l’ultimo di una serie di eventi che ha messo in ginocchio gli strombolani nell’estate più “strana degli ultimi 50 anni”, suggerisce uno strombolano doc, in anonimato: “Non voglio intromettermi, le questioni sono complesse. Però lo voglio dire che era già successo: nel ’78, ma anche nell’85, come quest’anno, prima un incendio e poi un’alluvione, non ci vengano a dire che non c’è stato nesso tra le due cose perché non è così”.

Dall’incendio del 25 maggio in poi è stato come un effetto domino: dopo il fuoco, la bomba d’acqua il 12 agosto. Così gli strombolani hanno trascorso una stagione estiva fatta di un’emergenza dopo l’altra. È iniziato tutto quel giorno di maggio, sul set della serie tv dal nome che oggi sembra uno strano presagio: “Protezione civile”. Prodotta dalla società “11 Marzo” per la Rai, conta tra i protagonisti Ambra Angiolini. La fiction prevedeva una scena con un incendio, così i produttori hanno optato per girare con vero fuoco, acceso in un giorno in cui era previsto forte vento di scirocco. E così è stato: dal terreno dopo l’ultima casa verso l’alto, sopra Piazza San Vincenzo le fiamme si sono moltiplicate rapidamente sia verso un versante che verso l’altro. Tre mesi dopo, osservando i fianchi di Iddu, come chiamano da queste parti il vulcano più attivo d’Europa, le macchie nere indicano i danni estesi lasciati dal fuoco. Mentre le calette, le tipiche insenature di Piscità dove si può fare il bagno tra scogli e spiaggia, sono ancora segnate dal fango.

Non ha perso un pizzico del suo fascino ma porta i segni delle ferite un po’ dappertutto, così appare Stromboli a fine agosto. Mentre tra gli abitanti si respira un’atmosfera mista tra rabbia e incredulità: “A temere il vulcano siamo abituati, ma tutto questo non ce lo aspettavamo”, alza le spalle Wegner. Quando l’incendio ha lambito le case, solo uno sforzo estremo di tutta la popolazione ha evitato il peggio. Il 12 agosto, invece, la fortuna ha voluto che la bomba d’acqua – 30 mm d’acqua in un quarto d’ora (la misura del nubifragio è 30 in un’ora) – arrivasse alle 5.20 del mattino: “Erano tutti in casa e questo ha evitato il morto: è stato un miracolo che non ci sia stato il morto”, sottolinea il sindaco Riccardo Gullo. Dopo il fuoco, il fango. Tutti lo avevano detto dopo l’incendio a giugno, anche Gullo, appena eletto, aveva sottolineato: “L’urgenza adesso è mettere in sicurezza Stromboli”.

“Cos’hanno fatto dal 25 maggio al 12 agosto? I torrenti erano coperti? Bene, lo sapevano, perché non hanno fatto nulla?”, incalza Wegner. Perché poco più di due mesi dopo aver domato miracolosamente l’incendio, la popolazione avrebbe scoperto che è più facile domare le fiamme che il fango: “Sono salita sopra una credenza e ho sperato di cavarmela”, racconta Alessandra. Un fiume in piena, fatto di fango e detriti si è abbattuto sulla sua casa, nell’ultima curva di Piscità, prima di girare verso spiaggia lunga. È andata bene, se l’è cavata ma lì si vede ancora, venti giorni dopo, una scia nera coprire la strada che porta verso il mare. Eventi che hanno messo a fuoco alcune criticità ormai ignorate da tempo: “Torrenti coperti, che non si vedevano più, hanno impedito al fango la strada verso il mare”, spiega il primo cittadino. È vero, infatti, che gli strani, drammatici eventi di quest’estate hanno fatto riemergere il passato. Come la lattina vecchia di Fanta, il fango ha fatto riemergere anche i torrenti. Torrenti che nel catasto non sono segnati, forse per un errore, – si pensi che il vecchio catasto era disegnato a china – forse per altro; fatto sta che alcune case sono state ristrutturate di recente e hanno bloccato il flusso del fango: nessuno ne ha colpa, non di certo i progettisti, perché al catasto quel corso d’acqua non era segnato. I torrenti secondo la mappatura comunale finiscono nella strada alta di Stromboli, poi il nulla.

Così gli eventi di quest’estate hanno di fatto aperto un vaso di Pandora: problemi sepolti, incuria e abbandono. Seppure Stromboli sia tra le più note all’estero, resta ai margini delle Eolie, la più lontana dal comune che la governa. Anche per questo motivo molti interventi semplicemente sono stati posticipati negli anni fino a dimenticarli, come le antiche discariche: ne è venuta già una, ma in tutto erano tre. “Di discariche così ne è pieno tutto il Paese”, sottolinea Gullo. E continua: “È quel che si faceva a quei tempi: tutte le Eolie hanno discariche di questo genere, io ne ho fatta bonificare una a Leni (Salina), dove sono stato sindaco negli scorsi anni: l’unica in tutte le Eolie ad essere stata bonificata e dichiarata morta. Perché non sono stati puliti i torrenti in tempo? Il 12 agosto non era previsto, si pensava all’autunno, ci ha colti alla sprovvista. Bisogna tuttavia considerare che c’è una macchina burocratica complessa: autorità di bacino, sviluppo rurale, genio civile, forestale. Siamo in un giungla. Ciò nonostante in tre giorni è stata ripristinata la viabilità principale, in sei anche Piscità”. Così spiega il neo primo cittadino di Lipari, il 71enne eterno sindaco: è stato primo cittadino per tre legislature nel comune di Santa Marina di Salina (dal 1988 al 2002) e due a Leni (dal 2009 al 2019) – entrambi i comuni sono di Salina, mentre Lipari comprende tutte le altre isole – negli anni che mancano è stato direttore del museo di Lipari.

Pochi come lui conoscono amministrativamente le sette sorelle e minimizza: “C’è dell’eternit, è vero, ma per il resto i carabinieri hanno ripreso il fondale e quel che è stato riversato non ci allarma, non più di tanto perlomeno”. Lo dice sul terrazzo fronte mare del Villaggio Stromboli, poco prima di parlare agli abitanti dalla piazza. Da quel palco dirà che la richiesta della “11 marzo” di continuare le riprese sarà respinta, a meno di un cambio di atteggiamento della società che “non ha risposto a nessuna delle nostre richieste, come per esempio conoscere il numero della loro polizza, ma nel frattempo che restano qui in silenzio ci inviano una loro richiesta? Inaccettabile”, arringa, spalleggiato dall’avvocato del comune. Quali responsabilità ha avuto la società produttrice della serie tv lo accerterà la Procura di Barcellona Pozzo di Gotto (Me): “Hanno acceso il fuoco nonostante le previsioni di scirocco: da ordinanza del sindaco di Lipari e regionale è assolutamente vietato accendere fuochi nelle giornate in cui c’è o è previsto scirocco”, insiste Wegner. Che chiede anche: “Possibile che la Protezione civile non avesse chiesto di leggere il copione di una serie che si chiama proprio col loro nome?”.

Chi ha autorizzato il fuoco: questa è la risposta che dal 25 maggio aspettano gli strombolani. Intanto, l’autunno è alle porte, e le piogge in arrivo fanno paura. Il primo milione è stato sbloccato, si tratta del progetto per l’emergenza del 2019, dopo il parossismo, finalmente appaltato, partirà ad ottobre: sarà rifatta la mulattiera che porta all’osservatorio ormai chiuso dal 12 agosto. Mentre camminando per il villaggio si notano aperture mai viste prima: sono i torrenti ritornati alla luce. A volere vedere con occhi ottimisti si direbbe che le disgrazie di quest’anno possano portare gli interventi che mancavano. “I torrenti sono riaperti ma non hanno argine”, indica però il sindaco. Per riaprire i varchi dalla montagna al mare sono servite le braccia dei volontari della protezione civile, sbarcati su Stromboli, come in un oscuro presagio, per aiutare la popolazione. Poi è arrivato anche l’aiuto degli alpini, uomini e mezzi: “Hanno messo dei sacchi di sabbia per contenere alcuni argini: basteranno?” si chiede Gullo. Di certo ci vorranno molti soldi per bonificare le discariche, sia quella quasi totalmente caduta che le altre: “Per arrivare fin lì e poter bonificare si dovrà costruire una struttura imponente”, spiega Gullo. Intanto il 7 settembre è arrivato sull’isola il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, che aveva rinviato il suo sbarco a Stromboli in attesa della vidimazione dello stato di emergenza. Mentre sul terrazzo strombolano arriva la notizia tanto attesa: un’ordinanza che permette di salire a quota 400 metri. Già il giorno dopo un gruppo di tedeschi sosta all’Hotel La Sciara, sistemano scarponcini da trekking e zaini, e sono pronti a salire. L’attrazione dell’isola, la vera star, Iddu: “In autunno vengono i turisti quasi esclusivamente per salire sul vulcano, temevamo che i tour operator dovessero cancellare Stromboli dalle loro rotte”, spiega Wegner. Ma non sarà così, l’autunno è salvo e si tira un sospiro di sollievo. Almeno per ora.

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