Le due società erano già uscite dal processo dopo il patteggiamento a circa 30 milioni. A questo punto, in caso di condanna, saranno i singoli imputati a pagare i risarcimenti, salvo le possibilità di cause civili
Non saranno responsabili civili Autostrade e Spea. Lo ha deciso il tribunale, nel processo per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime), che ha accolto la richiesta di esclusione su cui la procura aveva espresso parere favorevole. A questo punto, in caso di condanna, saranno i singoli imputati a pagare i risarcimenti, salvo le possibilità di cause civili. Le due società erano già uscite dal processo dopo il patteggiamento a circa 30 milioni.
Con il patteggiamento Aspi e Spea hanno evitato le sanzioni interdittive che avrebbero rischiato col processo pagando sanzioni pecuniarie pari rispettivamente a un milione di euro e a 800mila euro, mentre la concessionaria aveva messo a disposizione per il sequestro preventivo la somma di 26.857.433 euro, “importo corrispondente al complessivo valore del progetto di retrofitting (rafforzamento, ndr) degli stralli delle pile 9 (quella crollata, ndr) e 10” approvato dal ministero delle Infrastrutture a giugno 2018 e mai realizzato, che secondo l’ipotesi accusatoria (e la maxi-perizia disposta dal gip in sede di incidente probatorio) avrebbe evitato il verificarsi del disastro. Autostrade ha anche risarcito in via extragiudiziale quasi tutti i familiari delle vittime del disastro: solo due famiglie (Possetti e Battiloro) avevano rifiutato l’accordo conservando il diritto a costituirsi parte civile nel giudizio.
A processo ci sono 59 persone tra ex dirigenti e tecnici di Autostrade e Spea, ex ed attuali dirigenti del ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato delle opere pubbliche della Liguria. Secondo l’accusa tutti sapevano delle condizioni del ponte ma non sarebbero state fatte le manutenzioni per risparmiare. Nel corso dell’udienza di oggi parleranno i legali delle oltre 300 parti civili che hanno chiesto di costituirsi alla prima udienza lo scorso luglio. Nella scorsa udienza la procura aveva espresso preoccupazione per la durata del processo. “Un processo con 1.228 testimoni che porterebbe a un potenziale di 155mila tra esami e controesami è un processo che non si può fare e non avrà mai fine” aveva detto il pubblico ministero Massimo Terrile nel corso dell’udienza illustrando i motivi per cui, a suo avviso, molte delle oltre 600 parti civili dovrebbero essere escluse dal processo penale. “La lista testi della procura conta 177 persone, quelle dei 59 imputati oltre 300 e quelle delle parti civili oltre 600. Con questi numeri il processo non avrà fine diversa da quella dell’estinzione dei reati. L’obiettivo è quello di snellire il processo per arrivare a una eventuale condanna o assoluzione e non quello di liquidare i danni alle parte danneggiate, anche perché in un evento come questo i potenziali danneggiati potrebbero essere infiniti“.
“Siamo amareggiati non tanto per i risarcimenti ma da un punto di vista di immagine: sembra che in Italia ci sia un accanimento solo sulle vittime, tra riti abbreviati e patteggiamenti. La cosa grave è che la norma ti permetta di sfuggire, di lasciare il processo – dice Egle Possetti, la portavoce del Comitato ricordo parenti vittime -. In processi di questo tipo dovrebbe esserci una norma ad hoc per la gestione delle parti, per avere una tutela particolare”.