Le soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio sono organi periferici del ministero che un tempo veniva indicato con l’acronimo MiBACT (dei beni ambientali, culturali e del turismo), con il D.l. n. 22/2021 rinominato semplicemente “ministero della Cultura”. Sul territorio nazionale ne esistono 43 sedi che afferiscono direttamente al ministero della Cultura, più quelle di tre regioni a statuto speciale (Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Sicilia) che gestiscono autonomamente i beni culturali e ambientali del proprio territorio.
Molte delle loro competenze sono definite dal Codice dei beni culturali e del paesaggio: partecipazione alla pianificazione paesaggistica, di concerto con le regioni (artt. 135 e 143 del Codice); partecipazione nei procedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico di iniziativa ministeriale e regionale (art. 138-141 del Codice); partecipazione al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (art. 146 del Codice); partecipazione, in qualità di soggetto competente anche in coordinamento con i competenti Uffici ministeriali, nell’ambito dei procedimenti di valutazione ambientale strategica e di valutazione di impatto ambientale.
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, varato nel 2004 dal ministro Urbani, per quanto riguarda la parte ambientale si rifà in gran parte alla precedente legge Galasso del 1985. All’art. 142 del Codice si individuano le seguenti aree di montagna tutelate per legge:
– i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
– le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
– i ghiacciai e i circhi glaciali;
– i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
– i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227.
Il parere della soprintendenza – espresso nell’ambito di conferenza dei servizi, insieme agli altri portatori di interesse – a norma di legge dovrebbe essere vincolante ma la giurisprudenza è orientata a considerarlo privo di valenza obbligatoria se rilasciato oltre i termini previsti. Inoltre, se si riconosce che “l’interesse paesaggistico deve sempre essere valutato espressamente anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici” (Corte Costituzionale 196/2004), alcune sentenze hanno stabilito che nel procedimento di autorizzazione paesaggistica a detenere il potere autorizzativo è in primis la regione e solo in un secondo momento compete alla soprintendenza la pronuncia di un parere dal quale la regione stessa può discostarsi presentando adeguata e congrua motivazione. Di qui una pioggia di ricorsi al Tar e di conflitti tra vari organi amministrativi.
Insomma grande è la confusione sotto la bilancia della legge e delle sue interpretazioni. In questa babele viene alimentato il fuoco incrociato sulle soprintendenze che, depotenziate e in carenza di organico, con tutti i loro limiti e difetti rappresentano oggi l’unico punto di riferimento al quale ricorrere in difesa dei valori storici, culturali, paesaggistici e naturali dei territori, per arginare una generale aggressione all’ambiente che vede in queste istituzioni solo una fastidiosa entità burocratica che limita lo sviluppo.
Il presidente di Legambiente ha affermato (La Repubblica, maggio 2021): “Le soprintendenze sono e saranno nostre alleate quando si tratta di combattere cementificazione selvaggia e speculazione edilizia. Ma sulla transizione ecologica proprio non ci siamo. Occorre un cambio culturale, non può essere che ogni mutamento del territorio sia bocciato a prescindere dalle soprintendenze”. Il recente inserimento della tutela dell’ambiente nella Costituzione (artt. 9 e 41) e l’autorevole pronunciamento del Presidente Mattarella (“Gli insulti al paesaggio e alla natura, il loro abbandono, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità”) ci portano a difendere e non delegittimare l’operato delle soprintendenze, anche quando non ne condividiamo le indicazioni.