I campioni d’Italia non sembrano più così campioni. Dietro le big arrancano. Davanti comandano le provinciali, chi non t’aspetti. Non è stato solo calcio d’agosto, ma nemmeno campionato vero. Di solito, la prima sosta per le nazionali coincide con la fine del calciomercato, l’assestamento delle rose, poi l’inizio della stagione vera e propria. Stavolta arriva addirittura dopo 7 partite, si è già disputato un quinto di questa stranissima stagione sconvolta dai Mondiali in Qatar. Per utilizzare un paragone ciclistico, questo primissimo spezzone di Serie A assomiglia un po’ alla prima settimana del Giro d’Italia, con qualche arrivo in salita a testare le gambe degli scalatori in attesa delle vere montagne: non si può dire ancora chi vincerà, ma certo chi rischia di perdere.
La vetta è una sorpresa assoluta: alzi la mano chi ad agosto avrebbe scommesso su una classifica del genere. Non tanto (ma anche) per il Napoli: comunque terza forza l’anno scorso, le squadre di Spalletti già in passato ci hanno abituato a partenze sfolgoranti, anche se dopo la rivoluzione estiva (e gli acquisti roboanti delle rivali) non era certo data favorito dai pronostici. Ancor più sorprendente l’altro primato, quello dell’Atalanta di Gasperini, che arrivata a fine ciclo sembra aver trovato nuova linfa sul mercato. Subito sotto, che dire dell’Udinese di Sottil, passata senza soluzione di continuità dalla lotta per non retrocedere a quella per l’Europa. E poi la Lazio, come sempre attorniata da quel pessimismo cosmico tipicamente romano che divora entrambe le sponde della Capitale (dopo la sconfitta in Europa League contro il Midtjylland si è parlato addirittura di dimissioni di Sarri) però decisamente più vicina alle idee del suo allenatore. Quanto potranno reggere, dove potranno arrivare non si sa. Probabilmente sono bolle destinate a ridimensionarsi, non tutte, almeno alcune. In comune però hanno il fatto di giocare un calcio simile, propositivo, aggressivo e perciò vincente (almeno in questo momento). È già un segnale in un campionato sempre più vecchio e lento come la Serie A.
L’elemento più significativo in questi casi è sempre quello negativo. Infatti la morale di questo primo segmento di torneo è la crisi delle big. Il Milan, per carità, non lo è affatto: resta la squadra “più squadra” del campionato, però si è riscoperta umana. Alla fine dell’anno scorso a Pioli &Co. andava tutto bene, gli avversari si facevano gol praticamente da soli, sembrava si potesse solo vincere; ora si sono accorti che le partite possono anche girar male, con e (soprattutto) senza Leao, che rimane l’unico vero fuoriclasse della rosa.
Incontestabile e devastante è invece la crisi di Juventus e Inter. Non tanto per la classifica (pochi o tanti punti da recuperare a questo punto non rappresentano niente), quanto per i segnali che arrivano dal campo, con le panchine di Allegri e Inzaghi che traballano pericolosamente, giocatori demotivati, tifosi in subbuglio, squadre allo sbando. Per certi versi, quest’inizio di campionato assomiglia tanto a quello dello scorso anno: anche allora dopo 7 giornate (ma già alla seconda sosta delle nazionali), c’era il Napoli lanciato in vetta, il Milan tonico alle sue spalle, l’Inter in difficoltà (ma non così tanto) e la Juve sprofondata. Ma ciò non ha impedito ai nerazzurri di avere in mano (e buttare) il campionato a febbraio, e persino ai bianconeri di rimontare. Significa che nonostante la frenesia di questo calendario accelerato dai Mondiali, nonostante certi giudizi sembrino già inappellabili, alla prima sosta è ancora molto presto per i bilanci. Alla prossima, però, per molti di questo passo rischia di diventare troppo tardi.