Domenica 25 settembre oltre 51 milioni di italiani sono chiamati al voto per eleggere il prossimo Parlamento. Tra uninominali e plurinominali, maggioritario e proporzionale, liste, coalizioni e soglie di sbarramento il rischio di confondersi è alto: colpa del Rosatellum, la legge elettorale con cui per la seconda volta voteremo alle elezioni politiche, che tutti dicono di voler cambiare (compreso il Pd che ne è stato l’artefice). Si tratta di uno strano ibrido tra un sistema maggioritario (che avvantaggia le liste e coalizioni più forti) e proporzionale (che tende a rispecchiare in Parlamento i risultati delle forze in campo). Come la legge precedente, il cosiddetto Porcellum, prevede le liste bloccate e non dà la possibilità di esprimere preferenze. Anche la scheda elettorale è piuttosto complessa e può far sorgere dubbi sulle modalità di voto. Qui un vademecum con i punti principali.
I collegi – Le prossime Camere saranno composte di 400 deputati e 200 senatori elettivi, per un totale di 600 parlamentari. Di questi, 221 (il 37%) sono eletti in altrettanti collegi uninominali con sistema maggioritario a turno unico: significa che a vincere il seggio è il candidato della lista (o della coalizione di liste) che prende anche un solo voto in più degli altri. Altri 367 deputati e senatori (il 61%) sono invece eletti in 75 collegi plurinominali che assegnano un numero variabile di seggi (da 2 a 8 a seconda della popolazione). Qui il sistema è proporzionale: i posti in palio nel collegio sono attribuiti in proporzione alla percentuale di voti ottenuti da ciascuna lista. Infine, 12 parlamentari sono eletti all’estero in quattro diverse circoscrizioni.
Liste e coalizioni – Le liste che raccolgono il numero di firme necessario (o che ne sono esentate) possono presentarsi in autonomia o scegliere di apparentarsi in coalizione con altre liste. Le coalizioni sono particolarmente “convenienti” per vincere i collegi uninominali: le liste apparentate infatti indicano un candidato comune, che quindi beneficerà dei voti di tutti i partiti che lo sostengono (e non solo del proprio). Più la coalizione è “pesante” in termini di voti, più è probabile che superi in numeri assoluti le altre coalizioni e le liste singole, aggiudicandosi il seggio in palio nel collegio. Il 25 settembre le coalizioni in campo saranno due: il centrodestra (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi Moderati) e il centrosinistra (Pd, +Europa, Alleanza Verdi/Sinistra, Impegno civico). Tutte le altre forze corrono da sole.
Soglie di sbarramento – Per poter ottenere seggi nella quota proporzionale, le singole liste devono ottenere almeno il 3% dei voti validi a livello nazionale (con alcune eccezioni a livello regionale). La soglia vale anche per ciascuna delle liste unite in coalizione. Se la coalizione nel complesso ottiene più del 10%, i voti delle liste che non raggiungono il 3% (ma superano l’1%) vanno ad arricchire il “bottino” delle liste alleate, in proporzione al consenso di ciascuna.
Liste bloccate – Come già nel Porcellum, non è possibile esprimere la preferenza per uno o più candidati (questa possibilità rimane solo per i residenti all’estero). Una volta assegnato il numero di seggi spettante a ciascuna lista, quindi, i candidati saranno eletti secondo l’ordine di collocazione nel listino plurinominale, dal primo in giù (i nomi sono al massimo quattro). Per questo, di fatto, a scegliere chi andrà in Parlamento sono le segreterie dei partiti: ambitissime le posizioni da capolista (gli unici ad avere la certezza o almeno l’alta probabilità di passare), i secondi posti sono appetibili soltanto per le liste più forti, mentre i terzi “scatteranno” solo in pochissimi casi.
Come si vota – Sulla scheda elettorale (qui sotto il fac-simile) ci sono i nomi dei candidati ai collegi uninominali delle liste e delle coalizioni: sotto di loro i rispettivi simboli, con accanto i nomi dei candidati dei singoli partiti per la quota plurinominale. La grafica è pensata per rendere chiaro all’elettore quali candidati contribuisce a far eleggere col suo voto. Il voto alla lista si trasmette in automatico al “suo” candidato nel collegio uninominale, mentre le “x” apposte solo sul nome del candidato nel collegio uninominale si distribuiscono – in proporzione ai risultati – tra tutte le liste che lo sostengono. È possibile anche apporre due “x”, una sulla lista e una sul nome del candidato all’uninominale (non però sui nomi del proporzionale). Non è possibile invece il cosiddetto “voto disgiunto“, cioè votare un candidato all’uninominale e contemporaneamente una lista che non lo sostiene, mentre è possibile esprimere due voti diversi per la Camera e per il Senato.