Politica

Il Tribunale di Napoli dichiara l’incompetenza sul ricorso contro il nuovo statuto M5s. Che esulta: “Non si fa politica con le carte bollate”

Il giudice competente a decidere la causa, si legge nell'ordinanza, è il Tribunale di Roma, dove ha sede il Movimento, "come da principio da noi sempre sostenuto", rivendicano i pentastellati in una nota. La votazione di marzo si era resa necessaria dopo che lo stesso organo partenopeo (con un diverso giudice) aveva sospeso in via cautelare la validità dello statuto approvato ad agosto 2021 e la successiva elezione di Conte

Il Tribunale civile di Napoli si è dichiarato territorialmente incompetente sul nuovo ricorso presentato da alcuni iscritti al M5s – assistiti dall’avvocato (e a sua volta iscritto) Lorenzo Borré – contro le delibere di approvazione del nuovo statuto e di conferma/ratifica dell’elezione di Giuseppe Conte alla carica di presidente, risalenti allo scorso marzo. Il giudice competente a decidere la causa, si legge nell’ordinanza, è il Tribunale di Roma, dove ha sede il Movimento, “come da principio da noi sempre sostenuto”, rivendicano i pentastellati in una nota. “Ribadiamo che la politica non si fa con le carte bollate ma è il frutto di processi politici democratici, processi che il M5s ha sempre promosso, incoraggiato e protetto. Questa decisione certifica l’uso strumentale del ricorso al Tribunale di Napoli da parte dei ricorrenti”, aggiungono.

La votazione di marzo si era resa necessaria dopo che lo stesso organo partenopeo (con un diverso giudice) aveva sospeso in via cautelare la validità dello statuto approvato ad agosto 2021 e la successiva elezione di Conte, accogliendo il ricorso di Borré che lamentava come gli iscritti da meno di sei mesi fossero stati esclusi dall’assemblea in assenza di un valido “regolamento adottato dal Comitato di garanzia su proposta del Comitato direttivo”. Dopo qualche settimana la dirigenza M5s aveva scelto di riconvocare l’assemblea invalidata escludendo ancora una volta gli iscritti di meno di sei mesi, sulla base di quello che – a suo parere – era un regolamento valido ed efficace, cioè uno scambio di mail dell’8 novembre 2018 tra Luigi Di Maio (allora capo politico, l’organo antecedente al Comitato direttivo) e Vito Crimi (allora presidente del Comitato di garanzia) in cui il primo proponeva di limitare il voto agli iscritti da più tempo e il secondo dava il proprio ok. Gli attivisti “ribelli” però hanno contestato fin dall’inizio la validità dell’atto.