Il Parlamento europeo ha approvato un graduale stop alle sovvenzioni della “biomassa legnosa primaria”, ovvero alla produzione di energia bruciando la legna prelevata direttamente dalle foreste. La decisione è stata presa il 14 settembre nel corso della votazione sull’ultima versione della direttiva europea Energie Rinnovabili (Red III). L’approvazione definitiva è prevista questo autunno nel Trilogo (Commissione, Parlamento e Consiglio). Il voto rappresenta un successo per le oltre 120 Ong europee – e oltre 250mila cittadini sottoscrittori di una petizione – che avevano chiesto di fermare l’energia ottenuta bruciando legna (che rappresenta oltre la metà delle energie rinnovabili prodotte in Europa). Tuttavia per molte associazioni ambientaliste la decisione rischia di essere annacquata dalle eccezioni, dalla scarsa chiarezza delle disposizioni e dalla mancanza di un calendario stringente.
Le eccezioni allo stop ai sussidi
Gli Stati membri potranno continuare a sovvenzionare l’elettricità prodotta bruciando residui di lavorazione, il legno proveniente dalle foreste se si tratta di alberi colpiti da parassiti o tagliati per la prevenzione degli incendi o quelli colpiti da calamità naturali. Le Ong della Partnership for Policy Integrity lamentano una presa di posizione ancora troppo debole nei confronti di una fonte di energia “che produce oltre 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, l’equivalente delle emissioni totali dichiarate dall’Italia”.
Non ancora definiti i tempi di attuazione
La direttiva esclude i sussidi per la combustione di legno proveniente da alcune foreste secolari, tuttavia le Ong denunciano che non è stato definito un calendario della riduzione dei sussidi fino al 2030 e questo probabilmente ne ritarderà l’attuazione. Le associazioni ambientaliste chiedono al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione di chiarire e rafforzare le disposizioni sulla biomassa nel Trilogo che questo autunno approverà il testo finale: “Gli Stati membri richiedono scadenze e obiettivi chiari, che devono essere definiti il prima possibile”.
Cosa cambierà in Italia. Il caso della Toscana
“Il Parlamento europeo ha ammesso ai sussidi i tagli di diradamento, i tagli fitosanitari e quelli derivanti dai crolli per eventi climatici avversi: non è chiaro se sia esclusa la combustione del legno derivante dai diffusissimi e dannosissimi tagli della vegetazione lungo le aste fluviali e sulle rive”, commenta Alessandro Bottacci, membro del direttivo dei Gufi (Gruppo Unitario per le Foreste Italiane) e Direttore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi dal 2000 fino a pochi mesi fa. “Il problema da chiarire è se il taglio ceduo (taglio a raso, con riserva di meno di 50 piante ad ettaro) rientra nelle esclusioni previste dalla norma – si domanda Bottacci – questa sarebbe una straordinaria vittoria per l’Italia in quanto la maggior parte della biomassa forestale vergine proviene proprio dai tagli di boschi cedui (latifoglie come leccio, roverelle, farnie, faggio, carpino, ecc.). “La Toscana è la Regione con più superficie forestale e anche con maggiore volume legnoso, rispetto al resto d’Italia”, sottolinea. “Questa abbondanza, la presenza di una fitta rete di strade e piste forestali, una legislazione forestale regionale poco stringente, hanno attratto in questa regione moltissime ditte forestali, alcune delle quali non rispettano le normative per la regolarità del taglio – avverte Bottacci – sia per quanto riguarda il rispetto delle normative di sicurezza per i lavoratori, sia per la correttezza fiscale della vendita del materiale legnoso”. Per l’ex presidente del parco nazionale delle Foreste Casentinesi, il problema è aggravato dal Testo unico delle foreste e delle filiere forestali (D.l.vo 384/2018), “il cui principio fondante non è la conservazione delle foreste – come capitale ambientale e capitale produttivo – ma la tutela delle utilizzazioni, fino a incentivare i tagli”.