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Russia, la Duma approva inasprimento pene per disertori in caso di “mobilitazione” e “tempo di guerra”

Cambia il codice penale russo. E i termini usati sembrano prospettare una mobilitazione militare generale che potrebbe rappresentare un salto di livello nella guerra in Ucraina
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Sale la tensione in Russia. La Duma ha, infatti, approvato degli emendamenti al codice penale russo prevedendo di inasprire le pene in particolare per disertori o renitenti alla leva, nel caso di “mobilitazione“, “legge marziale“, “tempo di guerra” e “conflitto armato“. Parole che sembrano prospettare una mobilitazione militare generale che potrebbe rappresentare un salto di livello nella guerra in Ucraina.

Le nuove disposizioni di legge, che devono ora passare al voto del Consiglio della Federazione, cioè il Senato russo, prima di essere promulgate dal presidente Vladimir Putin, prevedono tra l’altro pene dai 5 ai 10 anni di reclusione per “abbandono non autorizzato di una unità o posto di servizio” o per “la mancata presentazione” in servizio per un periodo di oltre un mese. Tutto ciò, appunto, “durante un periodo di mobilitazione o legge marziale, in tempo di guerra o in situazioni di conflitto armato o conduzione di ostilità”. Si prevedono inoltre pene fino a 5 anni di reclusione per la distruzione di armi in tempo di guerra e fino a 15 anni per azioni di saccheggio durante la legge marziale.

Alcuni esponenti politici provano e minimizzare. La senatrice Olga Kovitidi, tra i parlamentari che hanno presentato gli emendamenti, ha tenuto a sottolineare che essi “non significano che ci sarà una mobilitazione”. Un’eventualità scartata nei giorni scorsi da qualche altro suo collega. Ma altri deputati avevano già ventilato questa possibilità. E ora la coincidenza tra l’iniziativa legislativa e l’annuncio di referendum nel fine settimana nei territori filorussi dell’Ucraina per l’unione alla stessa Russia vengono interpretati da alcuni media indipendenti come due manifestazioni della stessa volontà di rafforzare l’impegno militare di Mosca a protezione di territori che, una volta annessi, dovrebbero essere difesi ad ogni costo.

Margarita Simonyan, caporedattore di Russia Today, l’emittente internazionale finanziata dallo Stato alimenta la tensione. “A giudicare da ciò che sta accadendo e sta ancora per accadere – ha affermato la giornalista in un messaggio su Telegram – questa settimana segna la vigilia della nostra imminente vittoria o la vigilia della guerra nucleare. Non riesco a vedere una terza possibilità”. E a confermare i timori di un conflitto su più larga scala è stato il tracollo della Borsa di Mosca seguito all’annuncio sui referendum ucraini, con gli indici Moex e Rts che hanno perso il 10% prima di ridurre le perdite poco sotto il 5% nel pomeriggio.

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