Pubblichiamodi seguito la lettera del consigliere Piccirillo al vicepresidente lombardo Letizia Moratti sul caso delle Rsa blindate.
Egregio Vice Presidente e Assessore al Welfare,
mi permetto di riportare alla Sua cortese attenzione, ancora una volta, le segnalazioni di sdegno ricevute dai familiari degli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali cui viene ancora impedito l’accesso libero all’interno delle strutture senza spiegazioni di sorta.
A comprova, leggo anche l’articolo da poco pubblicato dal Fatto Quotidiano e l’appello di alcune delle Associazioni firmatarie per cui presentai, tempo addietro, anche la richiesta di audizione in Commissione Sanità.
Come ebbi modo di scriverLe più volte, e riferirLe a voce ogni volta che prontamente mi ha ricevuto, purtroppo alcune R.S.A. sul territorio regionale continuano a non applicare le disposizioni e le indicazioni che pure la Regione ha fornito in argomento.
È in virtù della Sua sensibilità e dell’azione che ha condotto in questi mesi, che confido in un ulteriore Suo intervento, consapevole del fatto che la linea seguìta sarebbe certamente accolta da quanti desiderano “solo” recuperare le relazioni affettive che da troppo tempo sono ostacolate.
Le chiedo, ancora oggi, che siano intensificati i controlli e si intervenga ancora e più efficacemente a tutela degli ospiti, delle persone che desiderano starGli accanto e della Collettività tutta che merita di ritrovare il profondo senso di fiducia nelle Istituzioni in primis.
Le ho riportato in varie occasioni i casi specifici delle strutture che – mi è stato riferito – ancora oggi non permettono ai familiari di far visita ai propri cari: talvolta, la Direzione stabilisce fasce orarie troppo ristrette, di appena 1h al mattino e 1h al pomeriggio, anche nei festivi, e per gli ospiti positivi 1 ora al giorno vestizione inclusa. In altri casi, le
visite non sono consentite nei festivi, come non lo è stato neppure nel giorno dedicato alla festa della mamma.
All’esterno, sovente le visite sono riservate ad un target privilegiato perché gli ospiti devono essere in grado di deambulare autonomamente con sufficiente sicurezza; per gli altri, l’accesso all’esterno resta possibile se gli spazi sono idonei ma in molti casi è proprio la presenza di barriere architettoniche ed altri ostacoli a non consente di
utilizzare agevolmente gli ausili per il movimento.
Di più: in alcune strutture, gli incontri in presenza sarebbero diminuiti da tre a due alla settimana. Oltre al danno materiale che i parenti subiscono – potendosi recare in struttura infrasettimanalmente solo grazie ad un “sacrificio” lavorativo e professionale o per la preziosa, significativa ed importante collaborazione dei colleghi, utilizzando permessi lavorativi e ferie – tali restrizioni sembrano davvero distoniche rispetto al quadro nazionale e regionale e neppure suffragate da un’eventuale e particolare contesto epidemiologico insistente nella struttura (e comunque ignoto ai familiari stessi); e che, in ogni caso, resterebbe ingiustificato alla luce del fatto che persino la d.G.R. n. 6082/2022 dispone sia garantito un accesso minimo giornaliero per ospite non inferiore a quarantacinque minuti, anche in caso di presenza di ospiti positivi al virus da Sars-CoV-2.
Di recente, ad esempio, è accaduto pure che la struttura abbia rivolto al familiare l’invito accorato a trovare un’altra sistemazione di accoglienza per l’anziano, accampando l’esser venuto meno il rapporto di fiducia tra la famiglia e il personale della residenza. Ciò, all’indomani di una chiamata di pronto intervento delle Forze dell’Ordine che il familiare ha effettuato dopo che la struttura Gli aveva, per l’ennesima volta, impedito di fa visita al parente anche per svolgere il ruolo di caregiver.
Questi incresciosi episodi mi obbligano ad intervenire ancora una volta in Consiglio regionale per chiedere che sia trattata con urgenza la mia ultima mozione sul tema. Ricorderà – ne abbiamo parlato – che chiedo un impegno concreto da parte della Regione e Suo per far tornare le R.S.A. luoghi ad accesso libero, consentendo ai familiari di poter far visita al proprio caro quotidianamente e per ampie fasce orarie, e di poter raggiungere anche i reparti di degenza liberamente.
Ritengo inoltre che siano ormai più che maturi i tempi, per la Regione, di intensificare i controlli e di adottare eventuali nuovi indirizzi e orientamenti per il miglioramento delle condizioni di assistenza e di comfort alberghiero, socioricreativo e psicologico degli assistiti, promuovendo e sostenendo il riconoscimento del ruolo centrale della famiglia
e quindi la costituzione di comitati di partecipazione dei familiari all’interno delle strutture residenziali sul territorio.
L’accesso libero del familiare nella struttura deve essere consentito ed anzi agevolato con la profonda convinzione che non lede la qualità assistenziale e la professionalità del personale. La presenza dei familiari e il loro tentativo di intervenire nell’organizzazione e nelle scelte della struttura residenziale non è un’interferenza, bensì un aiuto anche
per gli operatori che possono avere non poche difficoltà con i pazienti che hanno problemi di natura cognitiva, disorientati o con un carattere difficile.
Se non m’inganno, del resto, negli anni è già stato riconosciuto che la presenza dei familiari e il loro coinvolgimento nella vita degli anziani residenti è parte integrante della vita quotidiana, almeno quando i familiari lo richiedono.
Non da ultimo, mi permetto di riportare la Sua attenzione sul contenuto delle numerose mie Interrogazioni sul tema – ringraziandoLa anche in questa occasione delle risposte fornitemi – perché il problema della “diversità di trattamento” tra residenti in base alle decisioni della Direzione sanitaria resta irrisolto. Gli importanti sforzi riorganizzativi assunti nei mesi successivi al “periodo buio” della pandemia, anche da parte degli enti erogatori, l’elevato livello di copertura vaccinale e le massive attività di screening condotte periodicamente per la ricerca di SarsCoV-2, hanno consentito di raggiungere adeguati livelli di sicurezza per ospiti, visitatori ed operatori.
Le misure igienico-sanitarie per la prevenzione ed il controllo della trasmissione virale sono da tempo rigorosamente adottate nelle strutture, anche grazie alla formazione e all’informazione promossa e recepita. L’andamento decrescente del trend epidemiologico e l’introduzione delle certificazioni verdi consentono di derogare
ad alcuni divieti, come stabilito anche dai decreti nazionali.
La discrezionalità e la “cautela” delle Direzioni sanitarie delle strutture, in questo specifico ambito, non ha davvero ragion d’essere. Inspiegabilmente, le norme nazionali e le indicazioni regionali continuano a restare lettera morta mentre le relazioni socioaffettive continuano ad impoverirsi e questo – come le circolari ministeriali evidenziavano già da mesi –, in una popolazione fragile e in larga misura cognitivamente instabile, favorisce solo l’ulteriore decadimento psicoemotivo e il peggioramento di patologie di tipo organico. La scelta di contenere i contatti e il perdurare della lontananza dai familiari è contraria ai principi stessi dell’assistenza agli anziani.
Sembra quasi una presa di posizione, quella delle Direzioni sanitarie, e che così com’è dovrebbe indurci a riflettere su quale sia il senso vero di un accreditamento che di fatto si traduce in un esborso per la Regione senza avere nessuna voce in capitolo.
Confido nel fatto che determinazioni più puntuali e note specifiche possano essere inviate alle strutture o che sia intensificato il monitoraggio circa l’osservanza scrupolosa delle ultime adottate, perché le famiglie sono esasperate mentre continuano a farsi carico della parte più consistente della retta.
Certo del fatto che accoglierà questa mia, come fino ad ora è stato, La ringrazio per l’attenzione e porgo distinti saluti.
Il Consigliere regionale
Luigi Piccirillo