L’Italia che va alle urne domenica 25 settembre è un Paese più diseguale rispetto a quello che nel 2018 mandò al governo Lega e Movimento 5 Stelle. Il tema non è stato propriamente al centro della campagna elettorale, ma diversi sondaggi estivi hanno mostrato che l’orientamento degli elettori è legato a doppio filo alla loro condizione economica: Fratelli d’Italia e il Movimento 5 Stelle prevalgono tra i meno abbienti mentre il Pd, che arranca tra gli operai, è nettamente il primo partito nelle fasce di reddito più alte. E allora gli ultimi dati di Bankitalia e di Credit Suisse su redditi e ricchezza degli italiani aiutano a capire, almeno in parte, cosa c’è dietro la probabile vittoria delle destre ma anche la crescita del M5s nelle ultime rilevazioni prima del silenzio elettorale.

Il 22 luglio, poco dopo le dimissioni di Mario Draghi, la Banca d’Italia ha diffuso l’ultima indagine sui bilanci delle famiglie. Il documento è basato su rilevazioni fatte nel 2021 su dati del 2020, un anno particolare perché segnato dalla pandemia. I risultati però sono assai interessanti perché grazie ad alcune modifiche metodologiche ispirate alle migliori pratiche internazionali via Nazionale è riuscita a intercettare meglio “segmenti della popolazione, come quelli più benestanti o quelli maggiormente indebitati, che per via della scarsa numerosità tradizionalmente sfuggono alle indagini basate su campioni selezionati solo a partire da variabili demografiche quali età e luogo di residenza”. Le nuove informazioni mostrano che la concentrazione del reddito e della ricchezza è superiore a quel che si pensava: l’indice di concentrazione di Gini del reddito disponibile familiare (pari a zero in caso di perfetta uguaglianza e 100 se c’è massima disuguaglianza) si attesta a 42,8, 7 punti in più rispetto a quanto sarebbe risultato con le precedenti modalità di indagine. Questo nonostante i corposi trasferimenti pubblici, a partire dal reddito di cittadinanza che per i nuclei a più basso reddito ha rappresentato il 65% degli introiti annui. Per quanto riguarda la ricchezza netta, il Gini sale a 68,2 punti (+3,5). Ora il grado di disuguaglianza dei redditi “si colloca nella parte alta dello spettro dei valori relativi alle principali economie mondiali, mentre quello della distribuzione della ricchezza netta si allinea a quello delle principali economie avanzate”.

La disuguaglianza di ricchezza si è anche ampliata nel tempo: il patrimonio medio posseduto dal 5% delle famiglie più ricche è aumentato di oltre il 20% rispetto al 2016 arrivando a sfiorare gli 1,6 milioni di euro dagli 1,3 del 2016, complice l’aumento del valore delle attività finanziarie e delle quote detenute nelle aziende che è andato a braccetto con la crescita del risparmio durante i lockdown. Anche le case e i risparmi del 30% più povero delle famiglie hanno ovviamente guadagnato valore rispetto al 2016, ma sono cresciuti di pari passo anche i loro debiti. Con il risultato che la loro ricchezza netta è salita solo a 8.700 euro dai 6.600 del 2016: meno del 2% del patrimonio totale italiano. Nel frattempo le classi centrali hanno addirittura perso terreno: stando all’ultima rilevazione la loro ricchezza netta si ferma a 206mila euro contro i 222mila di quattro anni prima. Di conseguenza si è ampliato il divario tra la ricchezza netta media (aumentata perché i già ricchi si sono ulteriormente arricchiti) e il valore della ricchezza mediana, quello che separa la metà meno ricca delle famiglie da quella più ricca. Il quadro finale? Il “50% meno ricco delle famiglie”, scrive Bankitalia, a fine 2020 “possedeva solo l’8 per cento del patrimonio netto complessivo mentre la metà di quest’ultimo era detenuta dal 7% più ricco“.

Il tredicesimo Global Wealth Report del Credit Suisse Research Institute, pubblicato il 20 settembre, aggiunge un ulteriore tassello dando conto dell’evoluzione della ricchezza globale nel 2021. In valore reale stando allo studio è aumentato dell’8,2% per effetto della robusta ripresa di valore delle attività finanziarie (in particolare le azioni) e non finanziarie dopo l’anno pandemico. L’Europa è stata però fanalino di coda, con un incremento medio della ricchezza delle famiglie dell’1,5% contro il +14,7% del Nord America e il 14,5% della Cina. In Italia si sarebbe registrato un calo pari a 13.444 dollari rispetto all’anno prima, che il report però attribuisce principalmente al deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro. I milionari in dollari sono di conseguenza scesi da 1,54 milioni a 1,4 milioni, il 2,3% della popolazione. Un brutto anno per i Paperoni, insomma? Non proprio. Per i ricchi veri le cose sono andate decisamente bene: i cosiddetti “ultra high net worth individuals”, coloro che possono contare su una ricchezza superiore ai 100 milioni di dollari, sono aumentati del 17%, da 1.157 a 1.356. Di cui 103 con un patrimonio da 500 milioni in su.

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