“Ieri mattina io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere”. Così si espresse il beato Giovanni Paolo I il giorno dopo la sua elezione, il 27 agosto 1978, all’Angelus recitato dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro. All’Habemus Papam, infatti, l’allora maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, monsignor Virgilio Noè, poi cardinale, aveva vietato al neo eletto Albino Luciani di parlare alla folla presente in piazza San Pietro. Non era consuetudine, bisognava limitarsi a impartire la benedizione Urbi et Orbi. Il patriarca di Venezia divenuto Pontefice, ancora visibilmente stordito dall’inaspettata e rapida elezione, ubbidì. Saranno Karol Wojtyla, poche settimane dopo, il 16 ottobre 1978, Joseph Ratzinger nel 2005 e Jorge Mario Bergoglio nel 2013 a rompere definitivamente questo anacronistico divieto.
Appena è cominciato il pericolo per me, – rivelò Luciani – i due colleghi che mi erano vicini mi hanno sussurrato parole di coraggio. Uno ha detto: “Coraggio! Se il Signore dà un peso, dà anche l’aiuto per portarlo”. E l’altro collega: “Non abbia paura, in tutto il mondo c’è tanta gente che prega per il Papa nuovo”. Venuto il momento, ho accettato. Dopo si è trattato del nome, perché domandano anche che nome si vuol prendere e io ci avevo pensato poco. Ho fatto questo ragionamento: Papa Giovanni ha voluto consacrarmi con le sue mani, qui nella Basilica di San Pietro, poi, benché indegnamente, a Venezia gli sono succeduto sulla cattedra di San Marco, in quella Venezia che ancora è tutta piena di Papa Giovanni. Lo ricordano i gondolieri, le suore, tutti.
Poi Papa Paolo non solo mi ha fatto cardinale, ma alcuni mesi prima, sulle passerelle di piazza San Marco, m’ha fatto diventare tutto rosso davanti a 20 mila persone, perché s’è levata la stola e me l’ha messa sulle spalle, io non son mai diventato così rosso! D’altra parte in 15 anni di pontificato questo Papa non solo a me, ma a tutto il mondo ha mostrato come si ama, come si serve e come si lavora e si patisce per la Chiesa di Cristo. Per questo ho detto: “Mi chiamerò Giovanni Paolo”. Io non ho né la sapientia cordis di Papa Giovanni, né la preparazione e la cultura di Papa Paolo, però sono al loro posto, devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre preghiere.
Con quel nome assunto da Papa, il beato Giovanni Paolo I volle indicare il suo programma di governo. Scegliere i nomi dei due pontefici del Concilio Ecumenico Vaticano II, infatti, fu una scelta chiarissima: la Chiesa cattolica non torna indietro. Luciani voleva portare avanti l’attuazione conciliare intrapresa con forza dal suo immediato predecessore, san Paolo VI. Un programma che di lì a poche settimane avrebbe ereditato con la medesima decisione il suo primo successore, san Giovanni Paolo II.
Su Luciani si è scritto tanto. Spesso in modo del tutto infondato, ma recentemente la corposa bibliografia su di lui è stata costellata di testi autorevoli, rigorosi e perciò attendibili. In questa linea si colloca il volume Il sorriso del Papa (San Paolo) di Antonio Preziosi, direttore di Rai Parlamento, vincitore del Premio cardinale Michele Giordano 2022 con un libro dedicato all’attentato a Wojtyla del 13 maggio 1981, Il Papa doveva morire (San Paolo). “Il cuore di Giovanni Paolo I – scrive l’autore – si è fermato improvvisamente nei giorni stessi in cui tutto il mondo si stava innamorando di lui e del suo sorriso. E questo lutto improvviso, questa interruzione repentina di un amore che sbocciava colpirono l’attenzione e l’immaginario di tutti, credenti e non credenti. Per andare con la memoria a un pontificato così breve bisognava correre indietro nel tempo fino al 1605 quando Leone XI, discepolo di san Filippo Neri, si spense dopo appena 27 giorni dalla elezione. E più brevi del suo erano stati anche i pontificati di Urbano VII (12 giorni) nel 1590 e di Marcello II (22 giorni) nel 1555”.
Preziosi ricorda che “la morte prematura del Papa sorridente colpì ed emozionò anche i non cattolici, lasciando in tutti il desiderio non più esaudibile di sapere cosa avrebbe potuto essere per il mondo il pontificato di Albino Luciani se non fosse durato poco più di un mese: Le temps d’un sourire, intitolò il quotidiano francese Le Monde, uscito in edizione straordinaria la mattina del 29 settembre 1978. Proprio l’interruzione repentina e inaspettata del pontificato, l’età relativamente giovane del Pontefice e una serie di clamorose gaffe nella comunicazione del decesso da parte del Vaticano alimentarono per decenni il giallo di una morte sospetta, e forse addirittura delittuosa, del Pontefice. Ancora oggi, a distanza di decenni dalla morte, c’è chi periodicamente rilancia il dubbio della morte violenta di Luciani, riprendendo una vasta letteratura complottista che, ricostruendo scenari, esaminando dettagli e incongruenze, spesso giocando più sul verosimile che sul vero, alimenta ancora la creatività di chi disegna e rappresenta scenari di un presunto omicidio”. Quando, invece, il beato Giovanni Paolo I morì per infarto miocardico acuto. Un mistero svelato definitivamente.