L’ultimo ad aver denunciato problemi è stato Vincenzo Arcobelli, uno dei rappresentanti del Consiglio generale degli italiani all’estero (organo rappresentativo di chi è espatriato) e candidato al Senato per Fdi in Nord e Centro America. Il ministero degli Esteri non risponde. Situazioni simili in Spagna, ammesse dalla Farnesina: "Errore della tipografia". E spuntano tre casi di irregolarità in Svizzera e Argentina: già attivata la magistratura
Schede elettorali non ricevute. O in alcuni casi arrivate, ma con l’intestazione sbagliata: quella dei referendum dello scorso giugno, anziché delle politiche del 25 settembre. Sono un esempio delle difficoltà che possono mettere a rischio il voto dei nostri connazionali all’estero, in tutto 4,8 milioni di maggiorenni in quasi 200 Paesi, per un costo per le casse pubbliche che il ministero degli Affari esteri stima tra i 25 e i 30 milioni di euro. L’ultimo ad aver denunciato problemi è stato Vincenzo Arcobelli, uno dei rappresentanti del Consiglio generale degli italiani all’estero (organo rappresentativo di chi è espatriato) e candidato al Senato per Fdi in Nord e Centro America. Circoscrizione in cui, sostiene Arcobelli, si sono verificati “numerosi” casi di plichi elettorali in ritardo e schede sbagliate: “Dalle sedi consolari dall’ovest all’est, dal nord al sud, i funzionari interpellati confermano che il materiale elettorale è stato spedito secondo i termini previsti e cioè entro il 7 settembre, e che la mancata ricezione nella maggior parte dei casi e i ritardi siano da addebitare ad esempio alle poste statunitensi o canadesi”.
Chi non ha ricevuto il plico per posta, dall’11 settembre può chiederne il duplicato negli uffici del consolato, cosa che però può essere problematica se si abita lontano o magari si è anziani. Difficoltà che secondo il candidato contribuiranno in Centro e Nord America a limitare l’affluenza a non più del 20-25%, anche perché per essere ritenute valide le schede con il voto devono essere ricevute dagli uffici dei consolati entro le 16 del 22 settembre. Arcobelli dice di aver scritto alla Farnesina per chiedere di posticipare di 24 ore tale limite: “Dobbiamo difendere questo diritto costituzionale per gli italiani all’estero, ma certamente si dovrà attuare, sia per la segretezza del voto e sia per le modalità e procedure, una profonda riforma”. Questioni che del resto si ripropongono in ogni tornata elettorale da quando per la prima volta, alle politiche del 2006, gli italiani all’estero hanno avuto la possibilità di votare.
Ilfattoquotidiano.it ha chiesto al ministero degli Esteri se risultino al momento problemi nel Centro e Nord America, senza al momento ricevere risposta. Settimana scorsa però il ministero ha ammesso che problemi analoghi si sono verificati in Spagna, dove ci sono stati casi di plichi non ricevuti o schede con l’intestazione del referendum, come riferiscono diverse testimonianze postate sul gruppo Facebook Consolato BCN Problemi. “A Barcellona si è prodotto un disguido che ha riguardato una parte ampiamente minoritaria degli elettori, perché non tutte le buste degli elettori a Barcellona hanno riscontrato il problema”, ha detto una settimana fa in conferenza stampa alla Farnesina Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del ministero. “È successo che nel certificato elettorale, la tipografia, che si è assunta piena responsabilità dell’errore, ha scritto ‘referendum abrogativi’ invece che ‘elezioni politiche’. Ma il codice elettore resta lo stesso, e l’associazione fra codice, scheda e busta resta esattamente lo stesso, quindi il voto è valido. Abbiamo comunicato immediatamente sia col ministero dell’Interno sia con la Corte d’appello, segnalando formalmente questo problema in modo che gli scrutatori e i presidenti di seggio possano essere informati. Riteniamo non ci sia bisogno di sostituire il materiale anche perché sarebbe più rischioso per i tempi: dovremmo fare ristampare tutto, rimandarlo e attendere che torni e potrebbe passare troppo tempo”.
Vignali ha anche parlato di tre casi di presunte irregolarità che sono state denunciate in procura. Uno si è verificato in Svizzera e due in Argentina, dove vive la più grande comunità di italiani all’estero, con più di un milione di persone, e dove alle ultime politiche si sono verificate irregolarità che l’anno scorso hanno portato alla destituzione da parlamentare del senatore Adriano Cario, eletto con l’Unione sudamericana emigrati Italiani (Usei) e poi confluito nel Maie (Movimento associativo italiani all’estero). “Questi elementi fanno sì che sull’Argentina abbiamo rivolto un’attenzione particolare”, ha detto Vignali. Per il resto, “grandi problemi e criticità non si sono rilevati”.