Avrebbe dovuto dare una stretta allo strapotere delle correnti nel mondo della magistratura. È invece un effetto perverso quello prodotto dalla riforma di Marta Cartabia nella geografia del nuovo Csm. Le correnti storicamente più grosse escono infatti ancor più rafforzate dal voto per eleggere i 20 consiglieri togati. Quando è ancora in corso lo scrutinio dei voti per i cinque rappresentati dei pm (proseguirà nella giornata di venerdì), i risultati dello spoglio per i magistrati giudicanti di merito consegnano quattro eletti a Magistratura dipendente, la corrente dei conservatori che prende 2115 voti, e altri quattro ad Area, la componente considerata più progressista tra le toghe, seconda a quota 1319. Tre seggi vanno ad Unicost, la corrente moderata che si ferma a 1193, uno a Magistratura Democratica, la storica sigla di sinistra che – a differenza di quanto avvenuto negli ultimi anni – ha scelto di correre separata da Area e ha preso 879 voti.
Eletto il magistrato “anti sistema” – Un saggio, tra i cinque scattati col meccanismo correttivo proporzionale grazie ai resti, va anche ai magistrati di Altra proposta, la cosiddetta “corrente anticorrenti“, che propone l’elezione tramite sorteggio: al Csm entrerà dunque Andrea Mirenda, giudice di Sorveglianza di Verona, storico magistrato “anti-sistema” che – per una strana coincidenza – è stato sorteggiato per correre grazie al meccanismo previsto dalla riforma Cartabia per assicurare la parità di genere. Non ottiene seggi, invece, Autonomia e Indipenenza, la corrente che era stata fondata da Piercamillo Davigo e che nell’ultima consigliatura era arrivata a contare cinque seggi a Palazzo dei Marescialli, eleggendo magistrati come Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo,che per primi avevano previsto gli effetti della riforma. Flop anche per i candidati del cosiddetto “listino” di Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa sotto procedimento disciplinare, già sottosegretario alla Giustizia, deputato di Italia Viva ricandidato alla Camera daMatteo Renzi e Carlo Calenda. Storico leader di Magistratura indipendente, Ferri a questo giro ha candidato una serie di magistrati a lui vicini, che – come raccontava Antonella Mascali sul Fatto Quotidiano – nell’ambiente delle toghe venivano definiti, off the record, “quelli della lista Ferri”. Da qui l’appellativo uccidioso di “listino Ferri”.
I seggi lista per lista – Nei collegi binominali per i magistrati giudicanti di merito che eleggono 8 giudici, passano Maria Luisa Mazzola (gip/gup a Bergamo), Bernadette Nicotra (giudice al tribunale di Roma), Edoardo Cilenti (giudice presso la Corte d’Appello di Napoli) di Magistratura indipendente, Francesca Abenavoli (giudice del tribunale di Torino), Marcello Basilico (presidente della sezione lavoro al Tribunale di Genova), Genantonio Chiarelli (giudice del tribunale di Brindisi) di Area, Roberto D’Auria (giudice al Tribunale di Napoli) e Antonino Laganà (giudice in corte d’Appello a Reggio Calabria) di Unicost. Altri 5 seggi saranno assegnati con il proporzionale e vanno, uno ciascuno, a Magistratura Democratica, AltraProposta, Unicost, Area e Magistratura indipendete. Gli eletti sono Maria Vittoria Marchianò (Magistratura indipendente), Tullio Morello (Area), Domenica Miele (Magistratura democratica), Michele Forziati (Unicost) oltre a Mirenda di Altra proposta. Già ieri, nello scrutidio del collegio unico dal quale eletti i due magistrati della Corte di Cassazione aveva premiato due esponenti delle correnti principali: Paola D’Ovidio, di Magistratura Indipendente, seguita da Antonello Cosentino, di Area.
Il cambio di rotta del Csm – In attesa dei cinque seggi che spettano ai pm (per il momento sono avanti Eligio Paolini, di Magistratura indipendente, e Roberto Fontana, candidato indipendente), dunque, si può già dire che la riforma ha agevolato le correnti più grosse. E’ vero che rispetto all’ultima consigliatura, i togati da eleggere sono aumentati (da 16 a 20), ma Magistratura indipendente passa da 3 a 5 consiglieri, Area resta stabile a cinque, ma con Magistratura democratica (con la quale correva alle ultime elezioni) sarebbero 6, Unicost resta ferma a 3 (negli ultimi anni ha ceduto molti voti a Magistratura indipendente), mentre l’elezione coi resti dell’indipendente Mirenda non compensa la scomparsa di Autonomia e indipendenza, passata da 5 consiglieri a zero. “Eravamo stati i primi a dire che non avrebbe consentito spazi per le candidature indipendenti. Almeno non c’è stata la forte bipolarizzazione che ci si poteva aspettare”, dice Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Anm e segretario di Area. Che però non è d’accordo su una svolta a destra della magistratura, a pochi giorni dal voto alle politiche: “L’avvicinamento delle categorie di destra e sinistra alla magistratura – continua Albamonte – è sempre un azzardo, sicuramente c’è una presenza forte di una magistratura più conservatrice”.