Come ampiamente pronosticato, la riforma Cartabia rafforza i gruppi politici della magistratura: l'esito finale del voto vede sette eletti di Magistratura indipendente, sei di Area, quattro di Unità per la Costituzione (Unicost), due di Magistratura democratica e un solo indipendente, Andrea Mirenda. Gli ultimi a essere assegnati sono stati i cinque seggi riservati ai pubblici ministeri: il pm napoletano si ferma a 467 voti, molti ma non abbastanza
Sette eletti di Magistratura indipendente, sei di Area, quattro di Unità per la Costituzione (Unicost), due di Magistratura democratica e un indipendente. È il risultato finale delle elezioni dei membri togati del nuovo Consiglio superiore della magistratura (quelli eletti da giudici e pm nelle proprie file), il cui numero è salito da 16 a 20 dopo la recente riforma della ministra della Giustizia Marta Cartabia (mentre i “laici”, che dovranno essere eletto dal nuovo Parlamento, passano da 8 a 10). Dal voto con il nuovo sistema elettorale (un binominale maggioritario con una piccola quota proporzionale) escono – come previsto dai critici – rafforzate le correnti più potenti, nonostante l’obiettivo della Guardasigilli fosse (almeno in teoria) quello di limitarne l’influenza.
Gli ultimi a essere assegnati sono stati i cinque seggi riservati ai pubblici ministeri: nel collegio del centro-nord passano Eligio Paolini, sostituto procuratore a Firenze della corrente conservatrice di Magistratura indipendente (986 voti) e Roberto Fontana (675 voti), sostituto a Milano, formalmente indipendente ma di fatto appoggiato da Magistratura democratica, storica corrente di sinistra che si è presentata – dopo molti anni – separatamente dai progressisti di Area, che invece non ha eletto il suo candidato Mario Palazzi, il pm di Roma che indaga sul caso Consip (per lui 621 voti). Nel collegio centro-sud, invece, non ce la fa Henry John Woodcock, pm di Napoli protagonista di molte importanti inchieste, che scendendo in campo da indipendente si è fermato a 467 voti, molti ma non abbastanza: ad aggiudicarsi i primi due posti che garantiscono l’elezione sono il pm di Catania Marco Bisogni dei moderati di Unicost, con 974 voti, e il pm di Palermo Dario Scaletta con 729). Ce la fa – ripescato come miglior terzo nei due collegi – anche il procuratore aggiunto di Taranto Maurizio Carbone, di Area (686 voti).
Lo scrutinio per i 13 seggi riservati ai giudici di merito, terminato giovedì, ha visto quattro eletti di Area, quattro di Mi, tre di Unicost, uno di Md e un indipendente, Andrea Mirenda, giudice di Sorveglianza di Verona, storico magistrato “anti-sistema” che – per una strana coincidenza – è stato sorteggiato per correre grazie al meccanismo previsto dalla riforma Cartabia per assicurare la parità di genere. Nei collegi binominali, che eleggevano 8 giudici, passano Maria Luisa Mazzola (gip/gup a Bergamo), Bernadette Nicotra (giudice al tribunale di Roma), Edoardo Cilenti (giudice presso la Corte d’Appello di Napoli) di Magistratura indipendente, Francesca Abenavoli (giudice del tribunale di Torino), Marcello Basilico (presidente della sezione lavoro al Tribunale di Genova), Genantonio Chiarelli (giudice del tribunale di Brindisi) di Area, Roberto D’Auria (giudice al Tribunale di Napoli) e Antonino Laganà (giudice in corte d’Appello a Reggio Calabria) di Unicost.
Altri 5 seggi saranno assegnati con il proporzionale e vanno, uno ciascuno, a Magistratura Democratica, AltraProposta, Unicost, Area e Magistratura indipendete. Gli eletti sono Maria Vittoria Marchianò (Magistratura indipendente), Tullio Morello (Area), Domenica Miele (Magistratura democratica), Michele Forziati (Unicost) oltre a Mirenda di Altra proposta. Già mercoledì, nello scrutidio del collegio unico dal quale eletti i due magistrati della Corte di Cassazione aveva premiato due esponenti delle correnti principali: Paola D’Ovidio, di Magistratura Indipendente, seguita da Antonello Cosentino, di Area.